Coronavirus, morta operatrice socio-sanitaria: "Addio cara Rosaria, ora giustizia"

Operatrice del Golgi Redaelli muore in ospedale. La rabbia dei colleghi: nessuno l’ha protetta, le Rsa sono una polveriera

Operazioni di sanificazione in una struttura sanitaria dopo morti per Covid-19

Operazioni di sanificazione in una struttura sanitaria dopo morti per Covid-19

Milano, 28 marzo 2020 - «Perché la morte della cara Rosaria non sia vana devono pagare i responsabili: ogni operatrice deve pretendere di lavorare in massima sicurezza in tutti i reparti". Si conclude con questo appello una comunicazione del sindacato Slai-Cobas che ieri è circolata tra i lavoratori dell’Azienda servizi alla persona Golgi Redaelli, che gestisce Residenze sanitarie assistenziali sul territorio.

I colleghi piangono la morte di un’operatrice socio-sanitaria 50enne, Rosaria Di Fabio, in servizio nella struttura in via Bartolomeo D’Alviano, zona Bande Nere, morta in ospedale. "Una nostra iscritta – scrive lo Slai-Cobas – una compagna di lungo corso, morta in rianimazione al San Paolo perché venuta in contatto con un ricoverato affetto dal coronavirus. Rosaria, con i suoi problemi di salute, in questa situazione pericolosa non voleva mancare, sentiva il dovere di fare la sua parte nel clima di emergenza ed ha pensato di dare il suo contributo fino in fondo". Un grido di dolore e una denuncia: "Nessuno si è preoccupato di evitare questa morte, ancora oggi si viaggia con la lotteria per avere mascherine e presidi giusti". Ribadiscono la richiesta di un tampone su tutti gli operatori.

Sulla pagina Facebook “Noi Cgil dell’Asp Golgi Redaelli“ messaggi di cordoglio e rabbia."È deceduta in ospedale per colpa di questo nemico che definiscono invisibile – scrive un collega – ma che in realtà noi lo stiamo vedendo quotidianamente nei nostri reparti. La politica di chi avrebbe dovuto tutelare noi e i nostri pazienti e invece ci ha lasciato ai margini ha causato la morte di una donna, una mamma, una collega eccezionale. I responsabili di queste tragedie che stanno interessando tanti colleghi e la quasi totalità delle strutture geriatriche ne dovranno rendere conto". Il “nemico“, infatti, è già entrato in numerose case di riposo per anziani, dove si contano contagi e decessi. Una "polveriera pronta a esplodere", spiega Riccardo Germani, dell’Adl Cobas Lombardia. "Siamo stati dimenticati – racconta la dipendente di una Rsa milanese che chiede di rimanere anonima – ogni giorno noi e i pazienti siamo esposti al pericolo". La situazione, denunciano, all’inizio è stata sottovalutata. E ora il problema sta esplodendo. Ieri il sindacato di base Cub Sanità ha proclamato lo stato d’agitazione del personale.

«Di fronte a un numero preoccupante di casi, pazienti e lavoratori vanno protetti – spiega il sindacalista Paolo Bellavita – gli operatori si rifiuteranno di lavorare senza la condizioni di sicurezza". Per evitare il diffondersi dei contagi, però, potrebbe essere già troppo tardi. Walter Gelli, segretario generale Cub Sanità, allunga giorno dopo giorno la lista delle aziende "allertate e messe in mora", così come il bilancio dei contagi. Le lettere al premier Conte, al ministro Speranza, al governatore Fontana e all’assessore Gallera sono rimaste senza risposta. "Il settore socio sanitario educativo assistenziale – denuncia – nella fase preventiva e stato ampiamente dimenticato, confuso". Ieri, intanto, il sindaco Giuseppe Sala ha annunciato la donazione di 20mila mascherine da parte di Salini Impregilo agli anziani delle Rsa. "Un passo avanti – spiega il segretario generale della Uil lombarda Danilo Margaritella – i pensionati Uil hanno fatto pressione per ottenerle".  

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