Tutti agli ordini dei Molluso, boss dei rifiuti a Buccinasco

Il proprietario della cava di Zibido Bonilauri e l’imprenditore corsichese D’Alfonso non rifiutavano nulla a Gesu e al figlio Giuseppe

Un’immagine dall’alto della cava di Zibido

Un’immagine dall’alto della cava di Zibido

Buccinasco (Milano), 8 maggio 2021 -  Più che rispetto, era una sorta di sudditanza. Nonostante si conoscessero da tanti anni, Gianarnaldo Bonilauri, proprietario della cava di Zibido San Giacomo, continuava a dare del lei a Giosofatto Molluso, esponente della criminalità organizzata a Buccinasco, di cui si definiva “il capo”. Il cognome Molluso, legato a quello delle cosche dei Barbaro e Papalia, garantiva protezione. Emerge dalle carte dell’indagine dei carabinieri Forestali di Milano e Lodi, coordinata dal pm della Dda Silvia Bonardi, in sinergia con la Guardia di finanza di Milano. Un’inchiesta che ha messo in luce un gigantesco traffico illecito di rifiuti e ha portato all’arresto di Giuseppe Molluso, figlio 42enne di Giosofatto, e di Bonilauri. Il 72enne titolare della cava ha provveduto ad accogliere migliaia di tonnellate di rifiuti, con documenti falsificati. Un’attività che è iniziata già negli anni Novanta, sempre punto di riferimento di personaggi legati alla ‘ndrangheta.

Legami pericolosi che Bonilauri conosceva bene: intercettato, rivela di avere paura di "andare sotto i riflettori" e, conoscendo la storia criminale dei Molluso, si assicura con il suo interlocutore Giuseppe di incontrarsi per parlare a voce di certe questioni. "Ho bisogno di parlare a quattr’occhi", dice Bonilauri. "Mizzeca", risponde Molluso, titolare delle imprese che scaricavano i rifiuti in cava. I Molluso erano conosciuti. Un po’ perché padroni del movimento terra insieme ai Barbaro, un po’ perché lo stesso Giosofatto, detto Gesu (condannato per associazione) si vantava di essere "il capo di Buccinasco. Mi hanno accusato di detenzione di 50 chili di droga, solo perché sono mafioso", ammetteva con candore e spregiudicato orgoglio. Tutti avevano rispetto dei Molluso, il clan che decideva cosa smaltire, come, in che quantità, ignorando ogni legge sul conferimento dei rifiuti, garantendo poi protezione nei cantieri amici.

Una riverenza palesata anche da Daniele D’Alfonso, imprenditore di Corsico finito pure lui nell’indagine e già arrestato nell’inchiesta “Mensa dei poveri” su tangenti e appalti. D’Alfonso era stato obbligato anche ad assumere il nipote di Gesu, Alessandro, anche se considerato uno scansafatiche. Ma in cambio della protezione era il prezzo da pagare, senza condizioni. Le stesse che non imponeva Bonilauri quando arrivavano i camion carichi di rifiuti alla cava. Non solo dai Molluso, ma anche da decine di padroncini dell’intero Sud Milano (Buccinasco, Corsico, Cesano, Trezzano, Rozzano), tutti senza autorizzazioni allo smaltimento, che avevano ormai individuato la cava di Zibido come cassonetto dove vomitare i rifiuti senza controllo.  

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