Chloe, il giudice le crede: fu rapita a Milano

Condanna per il sequestro della modella britannica messa all’asta sul “deep-web”. Al polacco Herba 16 anni di cella

Chloe Ayling

Chloe Ayling

Milano, 12 giugno 2018 - È stato un rapimento vero, per i giudici, non la sceneggiatura di un film. La giovane modella inglese Chloe Ayling, ventenne sequestrata a Milano da un finto fotografo e poi trasferita in un casolare in Piemonte, rimase prigioniera contro la sua volontà e non perché d’accordo con il rapitore al solo fine di conquistare la celebrità sui mass media di mezzo mondo, come ha provato a sostenere l’uomo ancora ieri in aula.

Nel primo pomeriggio, dopo una breve camera di consiglio, la Corte d’assise ha condannato lui, Lucasz Herba a 16 anni e 9 mesi di reclusione, proprio come aveva chiesto il pm Paolo Storari. E lei, che non era in aula, attraverso il suo avvocato Francesco Pesce ha fatto sapere di essere «molto felice per l’esito» e di voler ringraziare sentitamente «la Corte e tutti coloro che hanno creduto a ciò che dicevo, dagli operanti agli investigatori della polizia fino al pm». «Ora - ha concluso - voglio stare con la mia famiglia». L'avvocato ha spiegato che la ragazza sta valutando anche azioni legali per chiedere risarcimenti dei danni nei confronti di tutti coloro che hanno gettato «fango e ombre» su di lei. Su alcuni tabloid inglesi, in particolare, erano apparse, infatti, ricostruzioni che tiravano in ballo la stessa vittima del sequestro.

In mattinata il pm Storari aveva chiesto la condanna di Herba, il giovane polacco residente a Birmingham che tenne segregata Chloe dall’11 al 17 luglio di un anno fa portandola in una baita sulle Alpi torinesi al confine con la Francia. Lucasz, con la complicità del fratello Michal rimasto a Birmingham - dov’è stato arrestato ed è in attesa di estradizione - aveva chiesto un riscatto ai familiari e al manager della modella prima di 300mila dollari, scesi poi a 50mila, minacciando di metterla in vendita all’asta sul “deep web”, il livello più nascosto e meno legale della Rete. Alla fine, però, l’aveva liberata senza alcun profitto. Lo stesso pm ha perciò invitato i giudici della Corte d’assise, presideduta da Ilio Mannucci Pacini, a riconoscere a Herba l’attenuante della «lieve entità del fatto», prevista dal codice penale, facendo così scendere la pena che, altrimenti, per il sequestro di persona non sarebbe stata inferiore ai 25 anni. Per il suo avvocato Katia Kolakowska, invece, la «storia molto fantasiosa» del sequestro della modella potrebbe essere stata «ispirata da un film» uscito poche settimane prima, By any means, che racconta «proprio la vicenda di una modella rapita dal suo agente per renderla famosa».

Già lo stesso Herba, ad inizio udienza, aveva sostenuto che «quando mi sono incontrato con Chloe la prima volta mi ha parlato di un film e ho pensato che volesse suggerirmi qualcosa». Il suo difensore ha sottolineato che «anche quando è stata lasciata sola in macchina» dai rapitori, Chloe «non è scappata, non è scappata da uno che si presentava come un assassino e questo è solo uno dei comportamenti non normali della ragazza». Il finto rapimento, secondo la difesa, aveva la finalità «di avviare la carriera della modella per poi dividerne parte dei guadagni». Si sarebbe trattato di un «sequestro simulato e la ragazza era d’accordo, tanto che avrebbe avuto più volte la possibilità di scappare e non l’ha fatto». Lei, aveva concluso il legale, «è l’unica persona che si è avvantaggiata da questo sequestro, la sua carriera si è impennata e ora ha come fidanzato un facoltoso imprenditore».

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