
L'evento per promuovere la raccolta fondi con Bertolaso, Patassa, Simontacchi e Bertolè
MILANO – Un anno ancora e dovrebbe esser pronto il raddoppio, col nuovo monoblocco di cinque piani più due interrati, che l’Ospedale dei Bambini Buzzi aspetta dal 2008.
Cantiere accidentato, sul finale dalla pandemia e da alcune "criticità risolvibili", spiega Maria Grazia Colombo, da tre mesi commissaria dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco: la sua stima "prudenziale" è di finire i lavori "per l’autunno 2024", mentre dovrebbe essere operativa alla fine del prossimo mese la nuova terapia intensiva pediatrica, allargata da sei a otto letti grazie alla Fondazione Buzzi. Nata da medici ed ex dell’ospedale per supportare il Nuovo Buzzi, in tre anni ha raccolto dieci milioni di euro e ieri dal Museo della scienza e della tecnologia ha lanciato una nuova raccolta fondi, supportata dagli astronauti dell’Agenzia spaziale europea (Esa) Luca Parmitano e Andrea Patassa, per trovarne altri venti.
Serviranno, tra l’altro, a potenziare il nuovo pronto soccorso pediatrico (punto di partenza, anticipa l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, di "un piano sull’emergenza-urgenza pediatrica in Lombardia"), che deve salire dagli attuali 33 mila a 44 mila accessi l’anno. "Con le nuove sale operatorie – aggiunge il presidente della Fondazione Stefano Simontacchi – gli interventi triplicheranno, da 5.500 a 16 mila all’anno". Ida Salvo, ex primaria di Anestesia e rianimazione pediatrica e oggi consigliera della Fondazione, cita una ricerca americana per spiegare l’importanza delle cure a misura dei piccoli: "I bambini hanno quattro volte più probabilità di morire se trattati in un pronto soccorso per adulti".
Ma in Italia gli ospedali pediatrici sono solo 11, sottolinea Simontacchi, e per un intervento non urgente in quello di Milano l’attesa è di "oltre due anni", perché il Buzzi ha tre sale operatorie, contro le sette del Meyer di Firenze, le otto del Gaslini di Genova, le venti del Bambin Gesù di Roma. A Milano "l’80% dei bambini viene operato in ospedali per adulti e tre su quattro fanno la Tac per adulti, con dosi di raggi non necessarie".