MARIA RITA
Cronaca

Michele Ferrero: storia del connubio tra economia delle merci e dell’anima

Maria Rita

Parsi

Non poteva esserci miglior “prodotto cartaceo” del libro “ Michele Ferrero: condividere valori per creare valore” (Salani, 2023) scritto da Salvatore Giannella, giornalista di razza, per celebrare il felice connubio tra “l’economia delle merci” e “l’economia dell’anima”. Un incontro ed un connubio indissolubili dovuti al compianto Michele Ferrero, a sua moglie Maria Franca, la cui sempre attiva, feconda e generosa terza età oggi meriterebbe, anche quella!, una biografia; dal figlio Pietro , prematuramente scomparso a 47 anni ed ora da Giovanni Ferrero, il secondogenito anche scrittore che ne continua a perpetuare ed estendere il significato e l’importanza. L’approfondita indagine di Salvatore Giannella, raccolta ed articolata, testimonianza dopo testimonianza, a partire da quella della signora Maria Franca che è anche espressione di un suo amoroso ricordo e di un giornaliero dialogo con i suoi cari estinti è riuscita ad illustrare la capacità del “ Fabricando Fabricamur” industriale messo in atto da Michele Ferrero. A partire dalla transumanza della famiglia Ferrero che da Torino, durante la seconda guerra mondiale, si trasferisce ad Alba per evitare i bombardamenti e dove Pietro, il padre di Michele, apre un piccolo laboratorio che chiama “Cioccolateria Ferrero” e nel quale inizia a fare cioccolatini. Ma, soprattutto, inventa la pasta gianduia che lo zio Giovanni inizia a vendere in tutte le Langhe. Alla fine della guerra, è papà Pietro a responsabilizzare il giovane Michele nominandolo rappresentante fiduciario nel “feudo” di Asti. Laddove la fiducia paterna si dimostra a tal punto bene riposta che il “bel Farciot” - perché Michele era, oltretutto, un gran bell’uomo!- torna a casa avendo venduto tutto il cioccolato all’odor di nocciole e un ordine di acquisto di dieci chili al grido: “ Abbiamo vinto, papà!“ . Insomma, "la vicenda di un uomo, di una famiglia, di un’azienda e di una terra che nei primi del Novecento era definita “dei vinti” e che si è rivelata nel terzo millennio quella “dei vincenti".