
La protesta del quartiere Quinto Romano per la mancanza di medici di base (Newpress)
Milano, 14 marzo 2017 - Il medico di campagna visita a domicilio: per 5.500 abitanti ci sono solo lui, precario ingaggiato di tre mesi in tre, e una dottoressa che ha già il massimo di pazienti. Solo che non siamo nella fangosa pianura francese del film di Thomas Lilti, o su un cucuzzolo d’Appennino che, alla pensione o alla morte del titolare, aspetta un samaritano o un eremita che salga a sostituire il medico condotto (oggi si dice «di famiglia»). Siamo a Quinto Romano, periferia Ovest di Milano, la seconda città d’Italia. Una volta c’erano tre dottori nel quartiere: uno se n’è andato da tempo, un’altra in pensione quest’anno. I suoi 1.200 pazienti non poteva prenderli la superstite, che ne ha già di suo più di 1.500. L’Agenzia di tutela della salute Metropolitana ha incaricato un medico provvisorio: in 900 sono passati al precario, che non può aprire un ambulatorio e visita a domicilio, «i casi più gravi. Per una ricetta o un certificato non si sa come fare», protestava, ieri, una piccola folla di abitanti riunita al centro ricreativo. Hanno raccolto più di 300 firme per chiedere all’Ats, al Municipio 7, alla Regione un nuovo dottore vicino casa. Chi ha una valvola al cuore, chi il fegato trapiantato, chi gira con la bombola ad ossigeno. Dei 300 che si sono affidati a medici fuori dal borgo, nessuno percorre meno di due chilometri da questa periferia al limite dei campi, collegata dagli autobus. «A Quinto ci sono moltissimi anziani», spiega Isidoro Spirolazzi, ex consigliere di Zona. Anche lui sa che il nuovo bando, che l’Ats aprirà probabilmente ad aprile, potrebbe non portare la soluzione. L'agenzia che contrattualizza i medici di base, a Milano ogni sei mesi divide la popolazione di un Municipio per 1.300, individua gli ambiti carenti, pubblica i bandi. I medici fanno domanda, vincono (e non è detto che il “temporaneo” abbia la posizione sufficiente in graduatoria), a quel punto hanno tre mesi per trovarsi un ambulatorio. Nel Municipio, non nel quartiere: potrebbe essere a Baggio, a San Siro, in piazza De Angeli che è quasi centro. Non è l’unico il caso di Quinto: il quartiere Tessera a Cesano Boscone, il rione Pelucca a Sesto San Giovanni, elenca l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera. Spicchi di periferia, di hinterland, dove i medici non vogliono andare, «e in base alle convenzioni, che sono nazionali, non li possiamo obbligare. Proviamo impotenza e rabbia. Chiederemo di cambiarle».