SIMONA BALLATORE
Cronaca

Marta Cartabia nuova prorettrice Bocconi: carceri, lavoro, rapporto con le scuole. Tutti i suoi progetti

Riflettori puntati anche sul caro-vita: “A Milano c'è una barriera all'ingresso per gli studenti, università e città cooperino per accoglierli nelle migliori condizioni possibili”

Marta Cartabia, 61 anni, già presidente della Corte Costituzionale e ministra della Giustizia, nuova prorettrice della Bocconi

Marta Cartabia, 61 anni, già presidente della Corte Costituzionale e ministra della Giustizia, nuova prorettrice della Bocconi

Milano, 9 novembre 2024 – Marta Cartabia è la nuova prorettrice dell’università Bocconi. Già presidente della Corte costituzionale e ministra della Giustizia nel governo Draghi, professoressa di Diritto costituzionale italiano ed europeo, entra oggi nella squadra del rettore Francesco Billari, che le ha affidato le delega all’Impegno sociale e agli Affari istituzionali.

Quale contributo darà alla sua università?

“L’università non è solo ricerca e didattica ma con la ‘terza missione’ si apre verso l’esterno, porta benefici al tessuto economico e sociale e alle fasce più vulnerabili della popolazione. La Bocconi non è mai stata chiusa in una torre d’avorio. È un ateneo molto vivace anche per le attività di impegno sociale che la rendono protagonista della vita milanese, dell’intero Paese e oltre. Ci sono numerosi progetti che eredito e sosterrò, sviluppandoli. Penso alle carceri o al lavoro nelle scuole superiori”.

Qual è l’impegno nelle carceri? Come sarà potenziato?

“Già adesso abbiamo studenti detenuti che frequentano gratuitamente soprattutto il corso di Economia aziendale, con i nostri professori e tutor, a Opera e Bollate. Quest’anno sono 10. Superano un test, sostengono esami, finito il percorso hanno un titolo e prospettive occupazionali che possono aiutarli a uscire davvero dal circuito infernale del crimine. Mi piacerebbe estendere questa possibilità anche nell’ambito degli Studi giuridici: sembra un paradosso, ma i detenuti nutrono un forte interesse verso il Diritto”.

Bocconi ha aperto anche le “cliniche legali“, funzionano?

“Sì e vogliamo potenziarle. Coinvolgono professori, professionisti, studenti. C’è uno sportello in carcere per risolvere problemi giuridici concreti. Non è una banalità. Una risorsa a disposizione dei detenuti, dell’amministrazione penitenziaria e un momento didattico per gli studenti. Io credo che nessuno studente dovrebbe uscire dalla facoltà di Giurisprudenza senza avere messo piede in carcere. Abbiamo una clinica legale anche a San Siro e penso sia utile estenderle alle periferie e soprattutto all’istituto Beccaria, dove sono detenuti i minorenni. E ho un’altra idea in testa, tutta da costruire”.

Quale?

“Coinvolgere gli alumni per creare occasioni di lavoro: c’è un estremo bisogno di prospettive per garantire un futuro diverso ai detenuti, anche per prevenire la recidiva. Penso anzitutto ai giovani del Beccaria. Sarebbe bellissimo sensibilizzare le tante aziende che ruotano attorno alla Bocconi sulla possibilità di assumerli. Ci sono sgravi fiscali, c’è un mondo da smuovere: un bisogno di manodopera da parte delle aziende e un bisogno di senso da parte dei detenuti”.

L’università è stata per lei un ascensore sociale? Lo è oggi?

“Sicuramente per me lo è stato ed è ancora tra gli ascensori più formidabili. Vengo da una famiglia di diplomati, mio fratello è stato il primo a laurearsi, è un bocconiano, poi mi sono laureata io. E si è aperto un mondo diverso da quello in cui sono cresciuta, sia per il respiro internazionale sia perché mi sono affacciata sul mondo istituzionale. Bisogna assecondare la libertà e i desideri dei ragazzi. Anche i miei studenti non provengono tutti da famiglie benestanti, come si tende a immaginare: è il contrario”.

Milano è una città universitaria o rischia di escluderli?

“È sempre più universitaria, è la destinazione naturale dei giovani e la loro presenza dà vitalità alla città. Certo c’è una barriera all’arrivo per costi della vita e della casa. Credo che Milano debba prendere più in considerazione questa popolazione di 250mila giovani: sono il nostro futuro. Università e città devono cooperare per accoglierli nelle migliori condizioni possibili”.

Come rafforzare i legami con le scuole superiori?

“Vorrei provare a sviluppare un’attività che sto svolgendo a titolo personale: supportare le scuole nell’educazione civica. Mi chiamano a parlare di Costituzione, ma nell’educazione civica c’è anche ambiente, educazione finanziaria e digitale. Mi piacerebbe creare un nesso tra i docenti di Bocconi e le scuole, in modo strutturato: è educazione alla cittadinanza e può accendere la curiosità verso studi universitari. Abbiamo ancora pochi laureati: gli incontri con i grandi maestri sono sempre decisivi”.

Quali sono stati i suoi?

“Sono tanti, penso a Valerio Onida alla Statale, a Joseph Weiler, che ha segnato profondamente il dottorato negli Stati Uniti. Continuo a cercare maestri: è l’unico modo per crescere”.

Qual è la domanda più scomoda che le fanno gli studenti?

“La loro vera domanda è come rispondere alla conflittualità, alla prevaricazione. Guerre da un lato e cronaca nera dall’altro fanno sentire il tema della violenza molto forte nella vita dei ragazzi. La sfida è capire come rompere questa catena di aggressività, offrire alternative alla legge del più forte. I giovani sono affascinati dalla giustizia riparativa. Ci chiedono come ricostruire relazioni sane anche a partire da inevitabili conflitti”.