Le minacce dell’usuraio Zurolo: "Ti mando in ospedale a mazzate"

Arrestati il 41enne Maurizio e la madre Elena Balzano di 59, degni eredi del defunto boss Francesco . Almeno sei i piccoli imprenditori finiti nella loro rete, che non risparmiava neppure gli uomini “d’onore“

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di Francesca Grillo

I metodi feroci Maurizio Zurolo li ha ereditati dal padre Francesco, potente narcos che dalla provincia napoletana era emigrato alle porte di Milano, portandosi dietro carisma e affari che lo rendevano personaggio temibile nel Corsichese. Quando Francesco è morto, nel 2021 dopo il Covid, l’eredità del business usuraio l’ha presa il figlio Maurizio, 41 anni di Trezzano. Lo hanno arrestato ieri, all’alba, insieme a sua madre Elena Balzano, 59 anni, di Corsico, con le accuse di tentata estorsione e usura, aggravata per aver commesso il fatto in danno a chi si trova in stato di bisogno. Erano gli imprenditori a rivolgersi direttamente agli Zurolo, come quello che li ha denunciati, facendo partire le indagini dei carabinieri della compagnia di Corsico del tenente colonnello Domenico La Padula e del tenente Armando Laviola. I militari sono partiti dalla testimonianza dell’imprenditore “strozzato” per arrivare a scoprire una "strutturata e ramificata attività di prestiti usurai", si legge sulle carte dell’inchiesta, coordinata dal pm Francesca Gentilini. "Guarda che gli altri si prendono il 15, io solo il 10%, sono onesto", diceva il defunto Francesco, pluripregiudicato e sorvegliato speciale, alla vittima che si è poi presentata dai carabinieri per paura di "finire ammazzato" dal figlio Maurizio, a cui aveva chiesto ancora soldi dopo aver estinto un primo debito con il padre. Le attività nell’edilizia non rendevano più e l’emergenza Covid gli aveva tagliato le gambe, tanto da non poter più pagare le spese neanche di un’edicola che gestiva. Per questo si era rivolto agli Zurolo che gli avevano garantito un prestito veloce, con interessi altissimi. Così come agli altri imprenditori che hanno chiamato gli usurai per farsi prestare i soldi, vittime di una crisi che non gli aveva lasciato alternative, dicevano. Eppure sapevano bene che i soldi prestati andavano restituiti a condizioni proibitive.

Il denaro era concesso dietro ricezione, all’atto della consegna della somma, come spiegano gli inquirenti, di un assegno di importo pari a quanto prestato, maggiorato del 10%. Le vittime, poi, dovevano versare ogni mese gli interessi, pari al 10% del prestato, in due tranche da un migliaio di euro ciascuna. Il debito era saldato solo quando la vittima versava, in un’unica soluzione, tutta la somma ricevuta. In questo modo, la famiglia di usurai era riuscita a mettere da parte un centinaio di migliaia di euro sui conti correnti esplorati dai carabinieri e, in totale, quasi 250mila euro: tutti soldi che "dobbiamo far girare. Io presto a te, poi chiamo un altro e glieli porto", spiega il giro Maurizio, intercettato dai carabinieri che hanno ricostruito decine di conversazioni inequivocabili, mettendo in evidenza minacce e intimidazioni.

Poco importava se le vittime avevano un passato "d’onore", vicini alle potenti cosche dei Barbaro e Papalia e, evidentemente, caduti poi in disgrazia, tanto da non poter più contare sull’appoggio delle ‘ndrine: le minacce erano di morte, pestaggi, violenze. "Ti dovrei tenere legato in cantina, ti mando in ospedale, il sangue ti faccio uscire, vengo sotto casa tua e ti riempio di mazzate": così l’arrestato, con precedenti anche per armi, minacciava i debitori, mentre il padre si limitava a dire che "mi sono fatto 20 anni di galera" per intimidire le vittime. Coinvolta anche la madre di Maurizio che aveva concesso il prestito con le stesse modalità pure a parenti. Poi, teneva un quaderno a quadretti con scritto nomi e cifre, debiti e incassi. Da una parte chi pagava, dall’altra quelli da minacciare.

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