MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Latin King, il giuramento di sangue: pestaggio di 25 secondi per entrare nella gang

La banda risorge e prova a riconquistare Milano e hinterland: nove arresti. Le accuse: tentato omicidio, rissa, danneggiamento, furto aggravato

Il materiale sequestrato dalla polizia durante la prima operazione Latin King nel 2006

Il materiale sequestrato dalla polizia durante la prima operazione Latin King nel 2006

Milano – “Il 15 maggio, ho detto. Lì a Cologno dobbiamo organizzare un mirin (una riunione, ndr). Al tizio le avevamo già dette le cose, e il tizio l’ha fatto di nuovo. Non serve che diciamo niente, gli si danno i suoi colpi e punto”. Uno dei tanti pestaggi punitivi da 25 secondi che il destinatario doveva accettare dagli altri componenti della gang senza batter ciglio, per aver violato le regole della “nazione".

Le 24 regole

Ventiquattro imperativi indiscutibili, tra cui “proteggere con la propria vita la reputazione di tutti gli affiliati“ e “non parlare di nostre questioni con la stampa, giornali o programmi televisivi senza l’approvazione delle Corone“. Guai pure a indossare simboli di un’altra organizzazione. Ammessi solo quelli “sacri“ di appartenenza, tra cui collane con i colori oro (o giallo) e nero. Quelli dei Latin King. Un’associazione a delinquere strutturata con una precisa gerarchia, con cinque soggetti (Corone) che formano il governo del gruppo Suprema. Con una “letteratura“ da seguire, “schede“ da compilare per “l’iscrizione”, che avviene dopo aver superato prove d’ingresso, durante le quali il nuovo affiliato, volontariamente, si sottopone a un pestaggio. Poi il giuramento con cui si impegna a non abbandonare la nazione e a mantenerne tutti i segreti.

L’Inca supremo

A livello mondiale, i Latin King sono divisi in tribù. A Milano, al vertice c’era Miguel Cortez Kleber detto Cao o Enano, ecuadoriano di 35 anni: l’Inca supremo. Tradotto, il capo assoluto della pandilla dei Latin King fazione Chicago attiva nei “capitoli“ di Sesto San Giovanni, Maciachini a Milano, Cologno e Monza. Indiceva le “riunioni periodiche della banda”, controllava che “le zone di influenza” non fossero “arbitrariamente invase dagli avversari” e sovrintendeva ai “riti che segnano la progressione di status dei singoli affiliati”. Ora è finito in carcere insieme a Johnny Pedro Farfan Chavez, conosciuto come Don, peruviano di 27 anni, a capo del “capitolo” di Cologno Monzese, ea Isaac Giovanny Velez Garcia, alias Chukino, ecuadoriano di 25, mentre altri sei complici tra i 19 e i 25 anni sono ai domiciliari.

Tentato omicidio

Sono ritenuti responsabili in concorso tra loro dei reati di associazione a delinquere, tentato omicidio, lesioni personali gravi e aggravate, rissa, danneggiamento, furto aggravato e lancio pericoloso di oggetti. Un’associazione a delinquere riconosciuta dal gip milanese Cristian Mariani, che ha emesso l’ordinanza su richiesta della pm Francesca Crupi e dell’aggiunta Laura Pedio. Le indagini della Squadra Mobile milanese, diretta da Marco Calì, sono cominciate dopo il tentato omicidio commesso il 5 marzo 2022 in via Chiese in zona Bicocca a Milano: la scintilla, aver visto un altro sudamericano, Josue Gerardo Isaac Flores Soto, detto Kamikaze, storico capo della pandilla rivale MS13 vicino a un chiosco.

"Esta è mi zona”

“Mierdosita, esta è mi zona", la frase che la vittima ha raccontato essersi sentita rivolgere prima di ricevere bottigliate alla testa e colpi di machete alla mano. Risultato: 60 giorni di prognosi e un danno permanente al palmo. Ferocia che si è ripetuta il 30 aprile al parco di via Avezzana, in zona Corvetto, durante una missione punitiva contro i rivali. Tra le armi, un bastone di legno di 70 centimetri e bottiglie. Rissa poi al Festival di Assago, il 30 giugno 2022 ("Ci sono qui le m..., stiamo litigando, vieni con tutti i ragazzi", la richiesta di rinforzi intercettata). Sulla lista pure un agguato fuori da una discoteca in zona viale Monza lo scorso 6 novembre. A guidare, sempre la violenza. "Io non parlo, io conficco. Io sono malvagio", dice Cortez Cortez. E in una conversazione con Guru, il capo della banda rivale, sottolinea senza mezzi termini: "Se devi attaccare, attacca, però parla chiaro perché questa cosa finisce male e faremo una marea di funerali".

Nessuna pietà

Nessuna pietà neppure per i propri uomini, in caso di errori. Dopo la rissa di Assago, Francisco Jose Merino Flores, detto Patacon, ritenuto il fomentatore, poi datosi alla fuga, viene punito: succede alla riunione del 2 luglio, in un punto isolato vicino via Emilia, a Cologno, sotto gli occhi di altri affiliati e pure di una bambina (presumibilmente, la figlia di uno di loro). Patacon alla fine abbraccia i suoi compagni e insieme minano la corona, simbolo della gang.