Laghi lombardi prosciugati e tossici Mancano 5 miliardi di metri cubi

A causa della penuria d’acqua la concentrazione di sostanze inquinanti rischia di causare morie di pesci. L’unica riserva disponibile è rappresentata dalle dighe e dai bacini montani, già svuotati per i due terzi

di Daniele De Salvo

Uno scenario desolante. I laghi semivuoti, i fiumi in secca, i canali prosciugati e i campi arsi dal sole: la Lombardia sembra un deserto. Non piove, le temperature salgono e le riserve idriche continuano a calare, mentre i prodotti agricoli stanno seccando. Nei primi sei mesi del 2022 è mancato il 40% di pioggia, che si è tradotto in un mancato apporto nei laghi lombardi di oltre 5 miliardi di metri cubi d’acqua, cioè di 5mila miliardi di litri. Il lago di Como è al minimo storico del periodo e non ha più alcuna capacità di invaso poiché al minimo di regolazione. L’unica acqua disponibile è quella delle dighe montane, piene al 32% nei laghi della porzione italiana e al 60% nelle valli svizzere che alimentano Adda e Mera. Gli invasi montani trattengono ancora quasi 200 essenziali milioni di metri cubi d’acqua, da cui dipende la stagione irrigua in pianura. Nel lago Maggiore mancano quasi 2.900 milioni di metri cubi di afflussi, oltre mezzo miliardo milioni al Sebino, 165 milioni all’Idro e oltre 500 milioni al lago di Garda, l’unico a disporre ancora di oltre il 40% del suo volume di invaso. "Ne stanno facendo le spese i laghi prealpini che funzionano da enorme serbatoio, il cui rilascio è gestito dagli enti regolatori che manovrano le dighe degli emissari modulando la portata dei grandi fiumi come Ticino, Adda, Oglio, Chiese e Mincio, per rispondere ai fabbisogni dei grandi utilizzatori idrici e in particolare dei consorzi irrigui – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Le acque dei bacini idroelettrici montani sono al di sotto della loro capacità, ma è un’acqua preziosa i cui rilasci vanno gestiti con grande attenzione, perché siccità e caldo potrebbero presto rendere critica l’alimentazione della rete elettrica". Intanto a causa della penuria d’acqua le concentrazioni di sostanze inquinanti in laghi e fiumi aumentano e si assiste a fenomeni di surriscaldamento che uccidono i pesci.

Dopo la siccità inoltre si teme la carestia. Gli agricoltori hanno dovuto già a cominciare a trinciare il mais. "Una scelta obbligata per evitare di vedere seccare tutto in campo e perdere così completamente la produzione", spiegano da Coldiretti. "Una corsa contro il tempo per cercare di salvare il salvabile – proseguono i coltivatori -. Stimiamo cali di circa un terzo per le produzioni di orzo, frumento e riso, mentre le perdite per i foraggi si avvicinano ormai al 50%, così come il calo stimato per le rese nei raccolti di mais. Nelle stalle le mucche stanno producendo fino al 20% in meno di latte".

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