di Giulia Bonezzi
"Ho telefonato a Fontana per complimentarmi, com’è giusto e doveroso. Il risultato è inequivocabile: un’altra vittoria netta della destra", chiarisce subito Pierfrancesco Majorino. E conferma la promessa: "Mi dimetterò da europarlamentare per andare in Consiglio regionale a dare il mio contributo a un’opposizione determinata e propositiva", da lasciare "in dote" a chi "prima o poi dovrà vincere questa sfida durissima" di strappare la Lombardia al centrodestra, che comanda in Regione da 28 anni e ha appena prenotato anche i prossimi cinque.
All’Ostello Bello Grande, quartier generale del comitato elettorale del centrosinistra a due passi dalla Stazione Centrale di Milano, sono passate da poco le cinque del pomeriggio e diversi sostenitori hanno già ceduto a una birretta o a un bicchiere di vino per stemperare la tensione e la delusione delle prime proiezioni, che delineano uno stacco dal centrodestra anche superiore ai venti punti di cinque anni fa, anche se all’epoca Giorgio Gori si fermò al 29% e invece Majorino ieri sera, a oltre settemila sezioni scrutinate su 9.254, arrivava al 33%. Con la sua lista civica al 3,7%, un’incollatura dal 4% dei 5 Stelle che stavolta erano alleati; "risultato che non ci soddisfa - sottolinea il coordinatore lombardo del Movimento Dario Violi –. Da domani torneremo a portare avanti i nostri temi e le nostre proposte, con una nuova struttura territoriale per riavvicinare i cittadini alla politica"). E con il Pd al 21%, due punti più delle politiche di settembre e di cinque anni fa, secondo partito in Lombardia stavolta dietro FdI, mentre il Terzo polo più Letizia Moratti è sotto il 10% che Renzi e Calenda presero in Lombardia alle politiche di settembre.
"Dire che siamo contenti sarebbe sbagliato ma il Pd tiene e cresce", sottolinea la presidente dei senatori dem Simona Malpezzi, rilanciando la "vocazione maggioritaria. Poi le alleanze arrivano". "Con questo centrodestra le opposizioni o trovano le ragioni dell’unità oppure vanno incontro alla sconfitta", chiarisce il segretario del Pd lombardo Vinicio Peluffo. Anche per Pietro Bussolati, secondo nella lista Pd a Milano, il risultato è "una bocciatura delle opposizioni. Si doveva fare un’alleanza, in questo hanno responsabilità enormi Letizia Moratti e il Terzo polo che ha scelto di non promuovere primarie aperte. Il tempo ci sarebbe stato", insiste aggiungendo che "il Pd nazionale non è stato un traino: sei mesi per fare un congresso. Però mi sembra che qui il Pd sia vivo, Majorino ha fatto campagna con coraggio e generosità".
Majorino non rinnega l’alleanza coi 5 Stelle ("Abbiamo aperto un dialogo che mi auguro vada avanti") e non cerca "alibi" nell’astensione né nella sfida resa ancor più "durissima" dal fatto che la sua candidatura è nata a due mesi dal voto, "non consigliabile in una regione governata da 28 anni dall’altra parte", che surfa pure l’onda del "consenso" nazionale: "Sapevo che le condizioni erano queste e ringrazio tutti e tutte coloro che si sono spesi in questa campagna complessa, nel momento di maggior difficoltà per il Pd". Sottolinea di aver sentito "il Pd lombardo al mio fianco" e di aver avuto il sostegno di "tutti i candidati al congresso", ma rimarca che "non è stato facile non avere una leadership nazionale. Siamo un caso di studio internazionale per aver fatto la consultazione interna durante elezioni così importanti".
Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro