La mondina e la pera matura perduta

Claudio

Negri

La pera era tonda, piena, matura. Di una specie che oggi diremmo estinta, tanto era bella. Sotto la buccia color sottobosco, quasi brunita, si intuiva una polpa dolcemente asprigna, burrosa, arrendevole. Giulia, anzi: la Giulia, l’aveva presa con destrezza dal cesto della frutta e la tastava soddisfatta della scelta. Proprio una bella pera. Nello stanzone della trattoria, a proda di lago, entrava di sbieco un sole euforico. La gita parrocchiale al tal santuario aveva avuto un parco esito gastronomico: maccheroni al ragù di scatola e forse un secondo con ignoto stracchino. Pane, vino, acqua di lago. E il sole a barbagliare sul coperto. Lampi di fosforo e fluoro. Era una pera dagli effetti speciali, ma non collaterali. La Giulia aveva dunque allungato la mano, aveva tastato il frutto, sancendone il possesso. Mani da mondina invecchiata nel riso amaro di giorni ridotti e circoscritti. Tutti guardavano la Giulia, guardavano la pera, guardavano la Giulia e la pera. La donna, intenta e liturgica, con lento coltello, cominciò allora a sbucciare il frutto. Seguire l’imperfetta superficie della pera, che si faceva via via più scivolosa, era arte non agevole. Ma il coltello era ben guidato, la buccia si staccava senza soluzione di continuità, senza residuo di polpa. Alla fine, in un barbaglio di sole trionfante, la Giulia sollevò tra le dita gocciolanti la pera desnuda. Effimera ostensione. Santiago, il vecchio pescatore di Cuba, a perdere il pesce di una vita ci mise giorni e notti di lotta estenuante. La Giulia, a perdere la pera del suo pranzo, ci aveva messo molto meno: il tempo di sbucciare. Perché il bel frutto, nudo e scivoloso, gli scappò dalle dita, rotolando e sdrucciolando per la grisaglia della trattoria, indi infilando una porta aperta con vista lago e nel lago medesimo inabissarsi con un tuffo sordo. La vecchia mondina, ancora con le dita gocciolanti, fissò stupita nel vuoto. Forse quella nctte avrebbe sognato i leoni. Ma intanto dalle sue labbra era uscita a stento una misurata espressione di disappunto: “Oh vaca d’una vaca”.

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