La casa delle solitudini costruita dagli studenti: "Prendiamocene cura"

Gli studenti dell'Università di Bicocca a Milano esplorano il tema della solitudine attraverso installazioni artistiche, fiabe e post-it. Il progetto, curato dalla professoressa Micaela Castiglioni, punta a sensibilizzare sulle diverse forme di solitudine e a offrire vie d'aiuto.

La casa delle solitudini costruita dagli studenti: "Prendiamocene cura"

La casa delle solitudini costruita dagli studenti: "Prendiamocene cura"

"Nei momenti di solitudine riesco a mettere ordine dentro di me", scrive uno studente. Per qualcuno la solitudine è un "tabù", per altri "un angolo in cui imparare ad amarsi". Sono gli universitari di Bicocca a rendere visibile il tema, con post-it, collage, fiabe inserite in una costellazione di installazioni che fino a questa sera alle 20 si può visitare al piano meno 1 dell’U6, in piazza dell’Ateneo nuovo. Il progetto è curato dalla professoressa Micaela Castiglioni che, insieme alle studentesse e agli studenti del corso “Educazione degli adulti e degli anziani“, ha esplorato il tema, nelle sue sfumature. Dai progetti d’esame è nata una “Casa delle solitudini“, costruita dagli studenti: c’è il salotto con otto sedie, a rappresentare sia il sentirsi soli anche quando si è in compagnia sia i diversi volti della solitudine (dall’adolescenza alla vecchiaia, dalla malattia al carcere, fino alla solitudine dei migranti). Una cameretta racchiude sia il ’ritiro sociale’ sia la solitudine generativa, con una scrivania sulla quale lasciare il proprio post-it e ricordo. In ogni locale “appunti di viaggio“, tra spezzoni di film sul tema, fiabe per spiegarlo ai bimbi, quadri e fotografie. Una poesia di Alda Merini è cucita sulle lenzuola. C’è la lavanderia, con panni stesi, vissuti e frasi estrapolate dal lavoro di interviste realizzate durante il corso. "Come studenti, analizzando la realtà territoriale di Milano, ci siamo resi conto della mancanza di associazioni e realtà di appoggio alle persone che vivono solitudini importanti, “schiaccianti“, diventate ingestibili – spiega Chiara Grigolato, curatrice della mostra –. Abbiamo sentito l’urgenza di sensibilizzare su questo tema, di renderlo visibile con questo primo intervento: i linguaggi artistici spesso arrivano prima di mille parole". Nelle ultime due stanze si lascia un messaggio al visitatore, una “chiave“: "Abbiamo voluto rappresentare fattori protettivi e vie d’aiuto – sottolinea Chiara –: il primo simbolo è una scala con delle scarpe. Sui calzari è racchiusa una parola per mettersi in moto ed esplorare possibilità di uscita". Relazioni, musica, psicoterapia. In dono dei semini di Iris "a ricordare che bisogna prendersi cura anche della solitudine" e una playlist composta dagli studenti durante le lezioni "cantando sotto la solitudine". Si.Ba.