Strage di Quarto Oggiaro, morto il killer dei fratelli Tatone

Antonino Benfante non ce l’ha fatta dopo undici giorni di agonia

Emanuele Tatone, una delle vittime di Antonino Benfante

Emanuele Tatone, una delle vittime di Antonino Benfante

Milano, 18 luglio 2019 - E' morto Antonino Benfante, detto «Palermo», il killer dei fratelli Emanuele e Pasquale Tatone e di Paolo Simone, autista tuttofare di Emanuele, uccisi a ottobre del 2013 con due esecuzioni a distanza di 72 ore. Benfante, 55 anni, di origini siciliane, era stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per tre anni, pena resa definitiva dalla Cassazione ad aprile dello scorso anno. Da allora, più volte aveva manifestato segni di insofferenza dietro le sbarre del carcere di Vigevano dove si trovava rinchiuso, e più volte secondo quanto risulta al Giorno aveva tentato il suicidio. In un’occasione avrebbe cercato di incendiare una cella e, in un’altra, di aggredire un detenuto. Fatti culminati una decina di giorni fa nell’ennesimo tentativo di togliersi la vita stringendosi attorno al collo la maglia che indossava per impiccarsi.

Ma è caduto sbattendo violentemente la testa ed è stato trasportato in gravi condizioni all’ospedale di Vigevano: è deceduto ieri, dopo 11 giorni di agonia. Dure le parole del suo avvocato, Ermanno Gorpia: «Se un detenuto tenta il suicidio più volte ed è in isolamento, occorre piantonarlo. Benfante aveva già tentato più volte il suicidio ed era stato ricoverato in Psichiatria, ma la situazione è stata sottovalutata. È stato fatto uno sbaglio enorme: chi è deputato alla custodia di soggetti, per quanto criminali possano essere, dovrebbe salvaguardarne la vita». Benfante, malato di Parkinson, era reduce da un’operazione non andata a buon fine: gli era stato installato un microchip nel tentativo di migliorare le sue condizioni, ma aveva contratto un’infezione. E gli era stata negata la scarcerazione chiesta in virtù del suo stato di salute.

Benfante era stato arrestato l’1 dicembre 2013, a poco più di un mese dagli omicidi commessi il 27 ottobre, quando con due proiettili calibro 38 freddò Emanuele Tatone (sfrattato quella stessa estate da una casa popolare e malato gravemente) e Paolo Simone (pure lui malato, ucciso perché lo stava accompagnando) e il 30 ottobre, quando toccò a Pasquale, fratello di Emanuele, crivellato fuori da una pizzeria con un fucile calibro 12. Le indagini portarono a Benfante, con precedenti per tentato omicidio e traffico di droga, che allora era appena uscito dal carcere e in affidamento in prova ai servizi sociali. Incastrato da immagini delle telecamere, tabulati telefonici e testimonianze. Il movente? Contrasti con la famiglia Tatone, legati all’egemonia sullo spaccio a Quarto Oggiaro.

 

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