Ruben
Razzante*
La ripartenza post-Covid è stata molto agevolata, sul fronte occupazionale, dall’uso
dei social, che hanno facilitato l’incontro tra domanda e offerta. Il social recruiting
consiste proprio nell’utilizzo, da parte delle aziende, di piattaforme come
FacebookMeta, Twitter e soprattutto Linkedin, per selezionare dipendenti e
collaboratori e anche per scoprire e attrarre talenti.
La Rete non è quindi soltanto uno strumento di reclutamento, ma anche un luogo di costruzione di relazioni tra aziende e professionisti, finalizzate a creare una
comunità professionale. Attraverso il social recruiting le imprese hanno la possibilità
di raggiungere utenti potenzialmente interessati alle proprie offerte di lavoro e alla
propria azienda in luoghi virtuali nei quali essi sono già inseriti stabilmente perché li
frequentano nelle loro quotidiane navigazioni on-line.
Se fino a prima della pandemia i responsabili risorse umane usavano i social network
più che altro per controllare che il profilo dei candidati fosse coerente con quanto
scritto sul curriculum vitae e per verificare eventuali loro bluff o pecche nelle
precedenti esperienze lavorative, oggi li utilizzano sempre più come luoghi per
affinare le ricerche di personale e per individuare il maggior numero di candidati
affini al tipo di profilo richiesto.
Una presenza digitale costante consente all’azienda di fidelizzare i propri utenti
social e non la obbliga a inseguirli per un singolo annuncio di lavoro quando si ha fretta di trovare un candidato idoneo. E’ altresì dimostrato che il social recruiting funziona anche sui lavoratori che hanno già un impiego ma che, come si dice in gergo, amano guardarsi intorno per scoprire altre opportunità di carriera. Ciò è
ancora più vero con la generazione dei millennials, che sulle piattaforme social
restano in contatto con brand e aziende e scoprono in anticipo occasioni di crescita
professionale.
*Università Cattolica
Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro