Il nuovo stadio con il calcio che mangia l’ippica

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Piero

Lotito

Immaginiamo lo stadio Meazza circondato da un’orda di danzatori tribali. Stanno lì a dimenarsi in attesa che un’entità suprema pronunci la sua sentenza sul destino del Grande Totem del nostro calcio. Scongiurata, sembra, l’eventualità dell’abbattimento, è da deciderne l’uso, visto che rimane ferma l’intenzione di costruirne un altro. Sì, ma dove? Lì vicino. No, più lontano. Fuori città. Macché, sempre a San Siro. Lo abbiamo detto: un balletto infernale di voci, progetti, supposizioni, pareri, impedimenti, con un caravanserraglio di attori in causa, tra società calcistiche, Comune, comitati di quartiere, soprintendenza, tifosi in generale, proprietari terrieri. Come spesso succede quando una scelta è decisamente di carattere pubblico, non se ne capisce niente. E quando sembrava che nella ridda di congetture svettasse vincente la sagoma d’una "Cattedrale", come sarebbe stato chiamato il nuovo stadio, ecco profilarsi una specie di uovo di Colombo, una strada originale per facilitare tutta la questione: costruire un impianto sui 75 ettari dell’area ex Snai delle piste di allenamento dei cavalli, che avrebbe il vantaggio di essere privata e consentirebbe di evitare le contestazioni dei comitati e altri cavilli. Fermi tutti, avverte però la Snaitech: quell’area non è stata venduta, è ancora nostra. Insomma, un "rebelòtt", un caos. È il calcio, comunque, a dominare nella cittadella sportiva di San Siro, che, pure, vanta una presenza eccellente e mondialmente riconosciuta come l’ippodromo del galoppo. Unico ippodromo al mondo ad essere dichiarato "monumento d’interesse nazionale" (cosa che lo stadio Meazza ancora non è), sulla sua "terribile" pista, tra le più selettive, hanno corso campioni indimenticabili come Ribot, Nearco, Botticelli, Molvedo. Inaugurato in prima fase nel 1888, quando l’ippica, insieme con la ginnastica e il canottaggio, era lo sport più popolare (si correva in aperta campagna, nella zona oggi corrispondente a corso Buenos Aires o dietro il Castello Sforzesco e al Trotter di via Padova), in origine l’impianto vantava una ramificazione di straordinario valore ambientale, storico e architettonico che si estendeva fino a Trenno e a Lampugnano, comprendente piste di allenamento e scuderie-cottage all’inglese, servizi di mascalcia, veterinaria e altro. Ma oggi, giova ripeterlo, è il calcio famelico a dettar legge. Già l’ippodromo del trotto, che quasi toccava il Meazza, non esiste più, spostato con le corse più in là, a La Maura. E pure gli appassionati dei purosangue tremano al pensiero che un’area immensa come quella del galoppo, centinaia di migliaia di metri quadri, possa un giorno cedere all’insaziabilità del mondo del calcio. Niente è impossibile, la palla è purtroppo rotonda.

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