I voti sgonfiati "Le università guardano oltre"

Zeni (Anp Milano e Monza): solito divario Nord-Sud. Valutazione poco credibile, abolire il valore legale.

I voti sgonfiati  "Le università  guardano oltre"
I voti sgonfiati "Le università guardano oltre"

"Le valutazioni si sono sgonfiate rispetto al periodo Covid": il primo commento, a caldo, di Mauro Agostino Donato Zeni, dirigente del liceo Tenca e presidente dell’Associazione nazionale presidi di Milano e Monza-Brianza. "È indubbio, e anche comprensibile, che avere avuto una commissione tutta interna negli anni del Covid abbia condotto a valutazioni più generose. Ciò detto, le differenze territoriali sono evidenti anche quest’anno", sottolinea il presidente di Anp Milano, col report del Ministero alla mano. "In Lombardia l’1,1% degli studenti ha ottenuto la lode, a livello nazionale tre volte tanto. E se la Lombardia è tornata ad avere il 4% dei diplomati col 100, a livello nazionale sono quasi il doppio. I casi sono due: o c’è una differenza antropologica o il sistema di valutazione è sempre meno credibile. E infatti abbiamo già visto che le università ormai da anni non guardano proprio i risultati degli esami di Stato ma fanno un loro test". Zeni chiede una riflessione sulla valutazione, al di là della maturità, e un cambio di passo radicale: "Abolire il valore legale del titolo di studi". "È una fotocopia degli anni passati, come d’altronde lo è la scuola, che è tutto fuorché originale - il punto di vista del preside Andrea di Mario, dal classico Carducci -: una maturità liceo-centrica e ombelicale nello stesso liceo. Si cerca una valutazione in uscita quando servirebbe una valutazione in entrata. Un rituale assurdo che serve a mettere un coperchio sulla scuola, un sigillo. Inutile anche commentare i dati". Di Mario era presidente in un professionale quest’anno: "Ed è qui che si capisce che non c’è più l’ascensore sociale, nonostante ci siano studenti di grande intelligenza".

Tornando ai voti, al di là di lodi e bocciature, "quest’anno è mancata la fascia intermedia", sottolinea Roberto Garroni, dirigente del Virgilio di Milano. "Credo sia un retaggio del Covid, non dimentichiamoci che sono i ragazzi che erano in terza superiore quando è cominciata la pandemia - continua - e tanta differenza l’ha fatta la commissione mista. Io solitamente sono un fan della commissione con gli esterni, ma per questi ragazzi, sempre più alle prese con fobie e ansie, non funziona". Altro tema: il peso che si dà alle prove. "La seconda prova, di indirizzo, dovrebbe avere un peso maggiore - il commento di Emilia Ametrano, preside dell’artistico Brera -. Da noi dura tre giorni, si crea un progetto di ricerca". "Se l’esame di Stato non va eliminato perché è comunque un momento in cui i ragazzi si mettono alla prova, va sicuramente ripensato, privilegiando il colloquio orale e la valutazione e certificazione delle competenze in uscita, unico strumento che al momento può aspirare ad avere un discreto livello di oggettività e di fondamentale importanza per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro", conclude Rossana Di Gennaro, dall’alberghiero Carlo Porta.Si.Ba.