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I problemi delle periferie: "Troppi ragazzi lasciati soli. Costruiamo integrazione"

Othman Mahmoud, guida dell’associazione che gestisce la scuola araba bilingue "L’odio non riguarda tutti. Lavoriamo ancora di più nei quartieri difficili".

Othman Mahmoud, guida dell’associazione che gestisce la scuola araba bilingue "L’odio non riguarda tutti. Lavoriamo ancora di più nei quartieri difficili".

Othman Mahmoud, guida dell’associazione che gestisce la scuola araba bilingue "L’odio non riguarda tutti. Lavoriamo ancora di più nei quartieri difficili".

di Marianna VazzanaMILANO

"Ci sono tanti ragazzi allo sbando, per le strade, nelle stazioni, nei quartieri ai margini. Non bisogna lasciarli soli: continuiamo piuttosto a costruire ponti per l’integrazione, cominciando da quando sono piccoli. Perché poi diventa difficilissimo recuperarli". A parlare è Othman Mahmoud, in Italia da 35 anni, presidente dell’associazione Comunità egiziana di Milano e provincia che gestisce la scuola araba bilingue “Nagib Mahfuz”. L’istituto, che ha sede in via Stratico, a due passi da piazzale Segesta e via Paravia, nel quartiere popolare di San Siro, è l’unico in Italia che unisce la lingua e la cultura araba a quella italiana. Ora Othman Mahmoud è all’estero. Ma è al corrente dei “fatti di Capodanno“, che lo spingono alla riflessione.

Perché quest’odio da parte di giovani migranti, verso l’Italia e le forze di polizia?

"L’odio, intanto, non riguarda tutti. Quei giovani non rappresentano tutti i ragazzi migranti o figli di immigrati. Io penso che ci sia un problema da risolvere: quello che riguarda i minori stranieri non accompagnati che, quando si uniscono ad altri giovani, italiani di seconda generazione che non hanno adulti di riferimento, danno vita a gruppi che possono diventare pericolosi. Tanti, una volta maggiorenni, non restano più nelle comunità. Io vedo questi gruppi anche nel quartiere popolare di San Siro: giovani che, fin dal mattino, sono in strada. Che appartengono a famiglie con problemi economici e sociali, che non lavorano e non studiano".

Cosa fare?

"Bisogna lavorare con tutte le associazioni del territorio, con le istituzioni religiose, gli oratori, le associazioni sportive e culturali, per risolvere il problema. Non si è fermi, anzi ci sono già delle azioni e dei progetti promossi anche dalle istituzioni, iniziative che incontrano il favore dei politici in maniera bipartisan. Ma bisogna fare di più: offrire ai ragazzi delle occasioni, delle opportunità d’incontro, delle attività “sane“".

Quanti ragazzi accogliete nella vostra scuola?

"Noi abbiamo quasi 400 allievi, dalla scuola dell’infanzia fino alla terza media. Ma stiamo lavorando anche per aprire un istituto professionale, per consentire anche agli adolescenti di proseguire il percorso scolastico".

Nella vostra scuola si studia in arabo?

"Il nostro è l’unico istituto in Italia che unisce la lingua e la cultura araba a quella italiana, si affrontano infatti sia il programma scolastico italiano riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione e sia il programma scolastico egiziano, con 25 docenti di nazionalità italiana e altrettanti di nazionalità egiziana. Bambini e ragazzi studiano programmi doppi e, alla fine dell’anno, sostengono gli esami sia nelle scuole pubbliche milanesi che davanti alle autorità consolari".

In quali scuole pubbliche vengono svolti gli esami?

"Quelli della scuola primaria all’Istituto Cadorna. Di prima media alla scuola Umberto Eco; di seconda all’Istituto Borsi e di terza, quindi l’esame di Stato, all’Istituto Narcisi".

La cultura araba e italiana sono quindi presentate come “di pari valore“?

"Certamente. Soprattutto, alla base c’è l’educazione. Prima ancora dell’istruzione. Ai ragazzi diciamo sempre che la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella dell’altro e che per prima cosa, sempre, deve esserci il rispetto delle regole. Da noi sono anche banditi i telefonini: chi ce l’ha, tra i più grandi, deve lasciarlo in un cassetto fin dall’ingresso".

Da quanto tempo esiste la vostra scuola?

"Dal 2006. Prima eravamo in via Ventura, a Lambrate, e dal 2011 ci siamo trasferiti in via Stratico".