SIMONA BALLATORE
Cronaca

I liceali che insegnano a studiare alle medie

Sessanta ragazzi del Volta e 10 del Donatelli hanno seguito 140 alunni del Galvani. E chi stava per arrendersi ora ha una marcia in più

di Simona Ballatore

Sessanta studenti del liceo Volta, più 10 del Donatelli-Pascal, da gennaio affiancano 140 ragazzi di seconda e terza media dell’istituto comprensivo Galvani con incontri quotidiani - quest’anno da remoto - per aiutarli a studiare. Per ogni alunno che ha difficoltà c’è un liceale di terza, quarta o quinta superiore (che ne segue quindi due in tutto) e un docente del Galvani che monitora e orchestra i collegamenti, dando tempi e dritte preziose e cogliendo i risultati anche dal diario di bordo, che viene compilato ogni giorno. "Non sono ripetizioni, sono lezioni peer-to-peer e si va oltre alle nozioni. Si tengono agganciati i ragazzi più fragili, che rischiano di perdersi, e li si sostiene anche dal punto di vista relazionale", sottolinea la preside del Galvani, Anna La Rocca. Il primo progetto pilota era partito prima della pandemia, col Donatelli-Pascal, per supportare gli alunni delle medie in italiano e matematica e con percorsi di educazione alimentare alle primarie. Poi con gli studenti delle superiori Galvani, che aiutavano gli alunni di quinta elementare a scegliere la seconda lingua per le medie - francese o spagnolo - dando l’Abc del francese. Col Caterina da Siena era salpato un progetto con le stampanti in 3D, congelato in tempi di Covid, ma che si spera di rimettere in piedi. "Durante il primo lockdown e con la Dad a singhiozzo successiva si era capita la necessità di un supporto allo studio per sostenere gli alunni anche al di fuori dell’orario scolastico – continua la dirigente –. Si è partiti dalla matematica, per ampliare il progetto coinvolgendo i vicini di casa del Volta nelle loro ore di Pcto (ex alternanza scuola-lavoro): aiutano in matematica, italiano, inglese e francese". "I ragazzi delle superiori non solo hanno affrontato questa esperienza con serietà e rigore – spiegano la vicepreside Sabrina Donghi e la professoressa Lucia di Santo – ma ci hanno detto di avere capito il punto di vista dei docenti, guardando da un’altra prospettiva la difficoltà scolastica, e toccando con mano cosa vuol dire essere “dall’altra parte della barricata“. L’apprendimento è più forte quando è legato all’esperienza. In questo caso diretta e ravvicinata, visto che sono più vicini dal punto di vista anagrafico". Si offre un servizio che non si limita all’orario scolastico e che è fondamentale anche in contesti famigliari svantaggiati, e si fa rete col territorio e con le scuole che orbitano attorno alla propria. "L’anno prossimo ci sarà ancora?", chiede con ansia un alunno, mentre una ragazzina che stava per alzare bandiera bianca prima del tempo e credeva di non farcela è riuscita a trovare nuova motivazione grazie a una studentessa di quarta del Volta. "È la fascia d’età più difficile, la metamorfosi è grande – conferma Di Santo – anche dal punto di vista umano andiamo a lenire quel senso di solitudine e insicurezza che si è venuto a creare".

Il progetto, che risponde all’esigenza anche di programmi di Pcto, si presta a diventare seriale. "Le cose più nefaste del Pcto, a parte i percorsi che mettono a rischio la vita come è accaduto, sono quelle di “far finta di fare un mestiere“ o di simulare il Cda di un’impresa – conclude il preside del Volta, Domenico Squillace –. In questo caso invece gli studenti si sono proprio messi nei panni degli insegnanti e hanno aiutato gli alunni più in difficoltà, altri hanno fatto volontariato, partecipando a corsi di italiano per immigrati. Servono esperienze che abbiano senso e lascino un segno".