Milano, Hrustic massacrò il figlio. I giudici: dubbi sulla madre

Condanna all’ergastolo per il padre torturatore e assassino. "Non è emerso con chiarezza se la donna avrebbe potuto tutelare il piccolo"

Alijca Hrustic, 27 anni, ha massacrato il figlio di neppure tre

Alijca Hrustic, 27 anni, ha massacrato il figlio di neppure tre

Milano, 25 luglio 2021 -  Lei per ora non è finita sotto accusa. Ma gli stessi giudici che per il massacro del bimbo (nemmeno tre anni) hanno condannato due mesi fa all’ergastolo il padre 27enne Alijca Hrustic, nelle motivazioni della sentenza sollevano pesanti dubbi anche sul comportamento della madre: davvero fece quello che poteva per salvare il figlio? Stando all’indagine della Squadra mobile, a provocare la morte del piccolo, dopo che nell’appartamento Aler di via Ricciarelli, in zona San Siro, per tutta la notte e per i due giorni precedenti aveva subito le violenze del padre (tra cui bruciature di sigaretta e ustioni con una fiamma viva sui piedini) furono alcuni colpi sulla fronte. L’autopsia sul corpicino del bimbo rilevò i segni di ben 51 lesioni. E la testimonianza della giovane moglie dell’assassino, un racconto dell’orrore, ha certo contribuito alla condanna di lui. Ma è possibile che lei non abbia nessuna responsabilità per non aver dato l’allarme e chiesto aiuto per salvare il bimbo? La Corte d’assise (presidente Ilio Mannucci Pacini, estensore Ilaria Simi) spiega la scelta di non inviare gli atti alla Procura perché indagasse su di lei, con la ragione "tecnica" di non averlo potuto fare perché dall’istruttoria "non sono emersi elementi sufficienti".

E tuttavia molti "interrogativi" restano ai giudici, tanto più che la giovane "ha implicitamente ammesso di aver adottato dei sistemi di tutela in favore del figlio che aveva verificato fallimentari" senza tentare altre vie, "per esempio barricandosi nella stanza, urlando o richiamando in qualche modo l’attenzione quando il marito si allontanava da casa". Tuttavia, osserva la Corte, "non è emerso con chiarezza se la stessa avesse avuto l’uso del suo telefono soprattutto nell’ultimo periodo e nel tempo in cui il marito si allontanava da casa". Come quando Hrustic era andato in ospedale per farsi medicare una ferita alla mano, ma la donna non ne aveva approfittato per fuggire portando in salvo il figlioletto.

Tra le righe di una condanna all’ergastolo per lui, responsabile di omicidio volontario pluriaggravato e senza attenuanti nemmeno generiche (pur essendo incensurato) "a fronte dell’estrema gravità del reato", resta comunque aperta ogni possibilità di ulteriore indagine sul comportamento della compagna, fino a un certo punto sicuramente anche lei vittima delle violenze di Hrustic. Perché allo stato, osserva la Corte, "non è apparso chiarito a sufficienza se, in concreto", la giovane "fosse stata nelle condizioni oggettive per tutelare in modo più efficace il figlio". Nuove indagini sulla donna potrebbe disporle la Procura o il pm del processo d’appello.

Resta il contesto familiare difficile (lui consumatore di droga, lei più volte coinvolta in furti) nel quale si è compiuta la tragedia. E l’ambiente del condominio Aler semi occupato, dove è pacifico che "nessuno si fosse mai peritato effettivamente di intervenire in aiuto" della giovane madre, nonostante la famiglia Hrustic con i cinque figli piccoli, dove la violenza regnava, non fosse certo né silenziosa né invisibile.  

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