Cucchi
Luigi Ballerini è un milanesissimo poeta e insegnante, a lungo attivo negli Stati Uniti e che ora vive un po’ a New York e un po’ a Milano. Lo incontro all’ottimo bar pasticceria De’ Cherubini, sotto i portici di piazza XXIV Maggio, all’angolo di via Trincea delle Frasche, così chiamata in ricordo della località carsica che fu teatro di una battaglia della prima guerra mondiale. Qui, del resto, molti dei nomi delle strade sono nomi di luoghi dove ci sono stati scontri con gli austro-ungarici. E dunque Col Moschin, Col di Lana, Coni Zugna, "mentre Cosseria - mi precisa Luigi - è sì il nome di una battaglia, ma napoleonica e quindi ad aver così nominato la via dev’essere stato qualche amministratore comunale un po’ distratto...".
L’amico mi fa da impeccabile guida della zona, dove abita, e mi spiega subito anche il nome del quartiere, e cioè, appunto Porta Ticinese, su cui sono nati vari equivoci: "Molti la chiamano Porta Cinés… ma i cinesi di Milano stanno da tutt’altra parte, com’è ben noto, e cioè in via Paolo Sarpi e dintorni. Altri ne hanno sentito parlare come di ‘Porta Cicca’, un termine spregiativo che fa venire in mente i mozziconi di sigarette una volta abbondantemente diffusi sui marciapiedi della zona e in anni recenti, in tempi di movida, degnamente e non meno tristemente sostituite da lattine di birra e bottigliette di plastica". Ma in effetti l’origine, mi spiega l’ottimo poeta professore, è del tutto diversa: "In realtà quella che adesso è probabilmente la più ampia di tutte le porte di Milano - costruita dall’architetto Luigi Cagnola (lo stesso dell’Arco della Pace) nei primi anni dell’Ottocento ma inaugurata nel ’15 per celebrare la pace che l’impero asburgico pretendeva di saper instaurare dopo le sanguinose turbolenze napoleoniche - era vezzosamente nota, fin dal tempo della dominazione spagnola, come “Puerta Chica“, e cioè piccola e graziosa, come una bambinetta". E qui ci facciamo un bel brindisi nel bel nome della nostra Porta Cicca!