Esplosione in piazzale Libia: Adam non ricorda nulla

Gravemente ferito nell’esplosione del suo appartamento, il giovane barman che forse tentò il suicidio non sa dire cosa accadde

Esplosione appartamento in piazzale Libia

Esplosione appartamento in piazzale Libia

"Non mi ricordo niente, non lo so cosa è successo". Ora che sta meglio e può pensare a riprendersi la sua vita, Adam Serdiuchenko, 30 anni, ripete di non saper dire nulla di quello che è stato. Sono passati quattro mesi dal drammatico scoppio nella palazzina di piazzale Libia, quando un’esplosione di gas nel suo appartamento ridusse in fin di vita il giovane barman di origini ucraine e ferì una decina di persone. Dopo aver visto la morte in faccia, il ragazzo si sta lentamente riprendendo ed è riuscito a parlare con gli investigatori che sono andati a trovarlo in ospedale nel tentativo di capire cosa successe davvero quella mattina.

Per quanto difficile da accettare per chi gli sta vicino, l’ipotesi più probabile è che Adam abbia tentato il suicidio. Già a suo tempo, quando ancora non era cosciente, i familiari ottennero per lui dal giudice la nomina di un amministratore di sostegno che a sua volta ha incaricato un legale. Appena è stato di nuovo in grado di comunicare senza eccessivo sforzo, il giovane barman è stato sentito dagli inquirenti. Formalmente è ancora solo una delle diverse parti lese dall’esplosione per il momento senza responsabili. Ma è evidente che il pm Mauro Clerici, che coordina le indagini sullo scoppio avvenuto nella palazzina, vorrebbe ascoltare la sua versione dei fatti dopo che dagli accertamenti condotti dai vigili del fuoco e dai consulenti tecnici incaricati dalla Procura parrebbe non esserci dubbio sul fatto che si sia trattato di atto volontario. Fin dal primo sopralluogo, infattti, il tubo del gas nella cucina dell’appartamento abitato da Serdiuchenko è stato trovato staccato.

Cosa sia avvenuto esattamente la mattina del 12 settembre scorso nel bilocale al piano terra di piazzale Libia 20, zona Porta Romana, è ancora da chiarire, dopo la fragorosa esplosione che intorno alle 7.15 squarciò il silenzio di un sabato mattina come tanti. "Passavo col mio furgone e ho sentito l’esplosione. Mi sono precipitato dentro e quando ho visto il ragazzo sono tornato al mio furgone, ho preso una grossa coperta dal retro, l’ho bagnata, mi sono avvolto in un’altra e sono rientrato", spiegò Aly, l’egiziano che per primo soccorse Adam. "Ho tolto i vestiti al ragazzo, era tutto bruciato. Ho avvolto il ferito, sono uscito a chiedere aiuto e assieme a un’altra persona lo abbiamo portato fuori".

Adam Serdiuchenko era da qualche mese era responsabile della sala al Martini Bistrot di corso Venezia 15, di fianco alla boutique di Dolce & Gabbana Infanzia difficile in un orfanotrofio dell’Ucraina, il ragazzo era approdato a Lodi grazie a una coppia italiana che gli permise di studiare.

Nel privato, di recente aveva interrotto una burrascosa convivenza con il suo compagno dopo frequenti liti che avevano anche comportato l’intervento della polizia e il ricorso di Adam a qualche medicazione al pronto soccorso.

Quel sabato mattina di fine estate, dopo l’esplosione tutti e 37 gli alloggi erano stati dichiarati inagibili, di conseguenza i residenti (54 persone, di cui 49 in casa al momento dello scoppio) hanno dovuto cercare soluzioni alternative. Qualcuno si è appoggiato a familiari e amici, in 23 si sono diretti a residence della zona, trovati grazie a Comune e amministrazione del condominio.

M.Cons.

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