"Ennio, banchiere dal cuore d’oro L’ultimo incontro? Parlammo di Pnrr"

I ricordi di Giovanni Pirovano, presidente Mediolanum: nel ’95 era trent’anni avanti rispetto agli altri. Il momento più duro dopo il fallimento Lehman Brothers, rimborsò tutti. Ora non tradiremo la sua fiducia

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di Andrea Gianni

L’ultimo incontro fra Ennio Doris e Giovanni Pirovano risale a giovedì scorso. "Abbiamo parlato di banche e Pnrr, come sempre era attento alla situazione nel Paese", racconta l’attuale presidente di Banca Mediolanum, che lo scorso settembre ha raccolto il testimone di Doris dopo averlo affiancato dal 1995, partecipando alla costruzione "mattone dopo mattone" del colosso bancario con un milione e mezzo di clienti e circa 2700 dipendenti.

Dagli anni ’90 è stato il braccio destro di Ennio Doris. Che ricordo ha lasciato?

"Ennio era un grandissimo banchiere e una persona dal cuore d’oro, sempre disponibile ad ascoltare e ad aiutare chiunque. Un visionario, che ha rivoluzionato il mondo delle banche con idee che hanno anticipato di trent’anni la concorrenza. Pensava all’interesse del Paese e a quello dei suoi clienti e ha dato un contributo fondamentale alla crescita e allo sviluppo. Penso poi al suo grande ottimismo: anche nei momenti più difficili rimaneva tranquillo e valutava attentamente la situazione per arrivare alla soluzione più corretta. Aveva un grande carisma, e una grande fede in Dio che si rifletteva nelle sue azioni quotidiane".

Quando è iniziata la vostra avventura professionale?

"Mi ha chiamato nel 1995 per lavorare con lui e aiutarlo a realizzare una grande banca. Il suo sogno si è realizzato, e l’ultimo riconoscimento è arrivato nei giorni scorsi con l’ingresso di Mediolanum nel novero delle banche significative europee vigilate dalla Bce. A metà degli anni ’90 Ennio Doris era convinto dell’idea di una “banca in tasca“, senza sportelli fisici ma con strumenti tecnologici a disposizione dei clienti. Una banca in grado di fornire anche strumenti finanziari e assicurativi. Per l’epoca erano idee rivoluzionarie, che hanno consentito a Mediolanum di prosperare e diventare un colosso senza acquisizioni o fusioni".

Ennio Doris è stato definito il “banchiere gentile“.

"Per descrivere il suo carattere potrei raccontare diversi aneddoti. Mi colpiva soprattutto il fatto che cercava sempre di rispondere di persona alle tante email o lettere che riceveva da parte di persone che gli scrivevano per i motivi più svariati. Ha sempre cercato di valorizzare i suoi collaboratori e apprezzava il talento. Non ha mai punito nessuno per un errore commesso in buona fede, ma spronava ad andare avanti e migliorare. Era un piacere lavorare con lui, e conservo tanti ricordi importanti. Una persona retta, umile, che non si chiudeva in una torre d’avorio".

Nella lunga storia di Mediolanum quali sono stati i momenti più difficili?

"Penso soprattutto alla crisi del 2008 e al fallimento di Lehman Brothers. Circa undicimila nostri clienti avevano sottoscritto polizze assicurative il cui capitale era garantito da obbligazioni Lehman, e la situazione era preoccupante. Ennio Doris convocò una riunione e disse che avrebbe rimborsato i clienti al 100% con i suoi soldi. Il socio, Silvio Berlusconi, diede parare positivo e insieme misero sul tavolo 120 milioni di euro. Una cifra enorme per l’epoca. Quel momento fu uno spartiacque per Mediolanum, che dimostrò di essere diversa dalle altre banche e superato quello scoglio ha continuato a crescere".

Lei ha raccolto il testimone di Doris, con la nomina alla presidenza. Come è avvenuto il passaggio di consegne?

"Quando mi hanno chiamato non mi sentivo degno. Ennio mi ha detto: “Ho fiducia in te, devi continuare a voler bene ai clienti“. Ora faremo di tutto per non tradire quella fiducia. Abbiamo una grande squadra e con i figli Massimo e Annalisa Sara (rispettivamente amministratore delegato e vicepresidente, ndr) si è realizzato un perfetto passaggio generazionale".

Quando ha incontrato per l’ultima volta Ennio Doris?

"Giovedì scorso. Si è informato sulla situazione nel mondo delle banche, abbiamo parlato del Pnrr. Lui amava l’Italia e si riteneva fortunato a essere nato in questo Paese. Ripeteva sempre di aver ricevuto molto dalla vita e di dover restituire qualcosa. Per questo ha promosso tantissime iniziative per aiutare i bisognosi".

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