Docente esperto Ma è davvero una necessità?

Daniele

Nappo*

Arriva il docente esperto, ma è una necessità? Il Governo Draghi ha introdotto questa figura nelle scuole, differenziando lo stipendio che ad oggi cresce solo per anzianità. Ora - se la legge in fase di approvazione in questi giorni avrà il voto favorevole del Parlamento - i docenti di ruolo che hanno raggiunto una valutazione positiva per tre anni di seguito conseguiranno il diritto ad un assegno ad personam di 5.650 euro annui lordi, che si sommano allo stipendio: un incremento del 15% rispetto alla retribuzione media. Gli insegnanti verranno nominati “esperti” e saranno tenuti a rimanere nella stessa scuola per i tre anni successivi alla nomina. Sono però in tanti a chiedere la cancellazione della norma. In teoria dovrebbero migliorare il servizio scolastico e contribuire alla causa: si è sicuri che possa bastare? E soprattutto serviva nominare degli esperti? Cosa significa esperto? Ci si chiede se nella nostra società che ha fatto della meritocrazia un saldo principi, si garantisca, effettivamente, l’uguaglianza delle opportunità. I criteri di valutazione sono, oltre al punteggio ottenuto negli ultimi tre anni di permanenza nella stessa scuola, i titoli di studio posseduti ed i voti. Non è forse meglio pensare di fare una selezione prima di conferire un incarico di cattedra ad un docente? In realtà non si capisce se ogni ministro abbia più l’ambizione di entrare nei libri di storia didattica con una legge a proprio nome, o se ciascuno di loro agisca secondo indiscutibili principi pedagogici. Ogni anno ci sono riforme su riforme di ogni volta si fa fatica a comprendere il significato profondo, ma spesso si colgono incoerenze e incongruenze. Bisogna conoscere la scuola e osservare che, da diverso tempo, è subalterna a scelte e decisioni che sono lontane dalla vita reale che si svolge tra le mura delle aule scolastiche, quelle popolate dagli studenti nelle quali si rispecchiano tutte le problematicità sociali e culturali È chiaro a tutti che la scuola attraversa un inarrestabile processo di trasformazione: da luogo dell’educazione, della formazione e dell’istruzione ad azienda. La scuola deve rispondere all’infinità di bisogni emergenti espressi dagli studenti e deve trovare il metodo per cercare valide risposte al bullismo, all’abbandono scolastico, al disagio giovanile, alla povertà educativa, e deve valorizzare il patto di alleanza educativa con i genitori e l’utilizzo della didattica digitale. Ci si chiede: gli studenti che non avranno il docente esperto da chi verranno formati per affrontare il loro futuro domani? Senza trascurare che forse così facendo gli altri insegnanti potrebbero sentirsi deresponsabilizzati, per non dire frustati o umiliati. La scuola contemporanea è fatta dall’incontro collegiale tra docenti, da ascolto e coprogettazione, dal rispetto delle diversità di competenze e saperi, non certo dalle competizioni tra insegnanti; tra docenti non ci deve essere rivalità, ma bensì empatia verso l’altro. L’obiettivo della scuola è costruire soddisfazione e passione. La società di oggi impone continuamente la necessità di dimostrare di essere all’altezza: certamente siamo dentro questa scia socio culturale e la scuola è sotto le attenzioni nel bene e nel male, ma si deve pensare a non rendere un lavoro di passione un impegno standardizzato.

*Istituto Freud Milano

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