
Il deposito di via Chiasserini com'è oggi
Milano, 12 settembre 2019 - Una distesa di oltre 3mila tonnellate di rifiuti a cielo aperto. Una ferita aperta che resta come un marchio funesto in via Chiasserini, nella sede della società Ipb (affittata a Ipb Italia) all’interno della quale il 14 ottobre dello scorso anno divampò un incendio gigantesco sotto due tettoie che contenevano una massa enorme di stracci, plastica, materassi e altro. Un rogo che riempì di fumo la città per giorni, con nubi scure che aleggiavano su quartieri anche lontani dal luogo interessato, tra la Bovisasca e Quarto Oggiaro, e che richiese l’intervento di 172 equipaggi dei vigili del fuoco per lo spegnimento.
E mentre è in corso il processo penale sulla vicenda, con l’area che è ancora sotto sequestro, che ne sarà del sito e della distesa di materiale ammassato? La messa in sicurezza è a cura della Città Metropolitana di Milano che ha finanziato le prime opere con 400mila euro, recuperando le risorse necessarie da un «fondo di riserva». «L’inerzia dei privati diffidati e i ricorsi promossi dalla proprietà hanno impedito l’escussione della polizza fidejussoria», spiega Pietro Mezzi, consigliere delegato all’Ambiente, ieri in via Chiasserini insieme a Piergiorgio Valentini, responsabile del servizio tecnico rifiuti, e altri funzionari. Il primo passo compiuto è stato quello della «caratterizzazione dei rifiuti», un’analisi per individuare le caratteristiche dei materiali, bruciati e non, compresi quelli stoccati in un capannone chiuso non interessato dal rogo (altre 630 tonnellate di materiale), dove è avvenuta la disinfestazione per eliminare almeno in parte i cattivi odori. Poi è scattata la fase due: «il cantiere d’agosto», a cura dell’impresa che si è aggiudicata i lavori (Monaci Demolizioni), con la presenza fissa della polizia locale. In primis, dai rifiuti accumulati all’esterno sono stati separati ferro, macerie, tra cui i resti delle tettoie abbattute dai vigili del fuoco, alluminioe ferro sporco. Cumuli che - eccetto le macerie - hanno un valore economico complessivo di circa 25mila euro.
Senza contare che le macerie potranno essere comunque smaltite a un decimo del costo rispetto ai rifiuti indifferenziati (220 euro a tonnellata) che sono stati ammucchiati ordinatamente e coperti con teli. In più sono stati svuotati i container, spurgati pozzetti ed eseguiti tre sondaggi a carotaggio continuo, per i primi 2-3 metri: i campioni di suolo stati consegnati ad Arpa per l’analisi. Collocati anche tre «piezometri» per l’analisi dell’acqua di falda, a circa 13 metri di profondità; entro fine settembre. Entro fine ottobre partirà la fase tre, che riguarda lo smaltimento delle 630 tonnellate all’interno del capannone. Servirà un milione di euro. «Abbiamo presentato istanza di finanziamento a Regione Lombardia - conclude Mezzi -. L’operazione si concluderà presumibilmente entro l’estate del 2020«.