Opera, il no di Cospito ai medici: "Avanti fino in fondo, niente alimentazione forzata"

Le disposizioni depositate. L’avvocato: muovetevi, non c’è più tempo. Il consigliere Usuelli: dice che tra Sassari e Opera non c’è differenza

Milano- La Cassazione ha anticipato al 24 febbraio l’udienza per la discussione sulla revoca del regime di 41 bis ad Alfredo Cospito, l’anarco-insurrezionalista in sciopero della fame contro il carcere duro. È il secondo anticipo dell’udienza – inizialmente fissata al 20 aprile, già spostata al 7 marzo – sul ricorso dell’avvocato Flavio Rossi Albertini contro la pronuncia del tribunale di Sorveglianza di Roma. Cospito, dopo 105 giorni di digiuno, ribadisce la sua volontà di rifiutare il cibo e qualsiasi trattamento sanitario finalizzato ad interrompere lo sciopero della fame. Se perdesse conoscenza? Stando alla Dat (Disposizione anticipata di trattamento) che ha depositato al suo legale, il diniego all’alimentazione forzata resterebbe valido anche nel caso in cui non fosse più in grado di esprimersi.

Ma «non vuole morire» , ha ribadito ieri il suo legale, aggiungendo che "la situazione è estremamente critica" e "non c’è più tempo". Mercoledì il consigliere regionale Michele Usuelli , medico neonatologo e radicale, ricandidato col Patto civico per Majorino, ha incontrato Cospito durante una visita al carcere di Opera e l’ha trovato "vigile, reattivo, respirava bene. Abbiamo parlato mezz’ora, lui stava in piedi, la carenza di cibo non gli ha fatto perdere la lucidità mentale". Hanno parlato dello sciopero della fame, della battaglia che i radicali condividono per l’"umanizzazione" del carcere duro.

("Non discutiamo che chi si macchia di reati gravissimi debba essere privato della libertà, che gli s’impedisca di comunicare con l’esterno se è per la sicurezza dei cittadini, ma un trattamento meno degradante, la possibilità di leggere un fumetto un Paese civile la deve anche al suo peggior nemico"), condannando però "le azioni violente all’esterno" che Cospito "non mi ha detto di approvare, ma da anarchico dice di non essere nessuno per dire agli altri cosa dovrebbero fare". Quando Usuelli, parlando di Gandhi, gli ha proposto "di riprendere a mangiare finché le violenze non terminano", ha risposto "che al momento non se la sente". Era invece molto preoccupato che i compagni di carcere duro "pensino che riceve un trattamento di favore in quanto “vip”".

A Usuelli l’anarchico ha detto "che non c’è differenza, per i suoi bisogni al momento" tra il penitenziario di Sassari e il Sai, ex centro clinico da un centinaio di letti nel carcere di Opera. "Se l’hanno trasferito perché questo è il meglio che lo Stato può offrire siamo messi male", osserva Usuelli, che in cinque anni ha portato al Pirellone una dozzina di atti sulla medicina penitenziaria, ed è uscito "turbato" soprattutto dalla visita al piano del Sai destinato ai detenuti al 41 bis.

«C’è una persona che ha avuto un ictus e aspetta da un anno il materasso antidecubito, perché è pugliese e i poveri medici di Opera devono fare domanda alla Regione Puglia. Lo stesso per le carrozzine. Ci sono un cieco e un anziano che muove solo testa, collo e braccia, e non c’è staff a sufficienza per mobilizzarli. Per 1.200 detenuti di cui 90 malati gravi c’è una fisioterapista sola, la mattina. Mancano Oss, infermieri, cose basilari come un bagno adatto ai disabili. Si percepisce la gratitudine dei detenuti nei confronti dei sanitari che sono pochi, malpagati e fanno i salti mortali; anche loro sanno che il problema è di sistema. Ci sono carceri più piccoli di Opera, in Lombardia, che non hanno neanche la guardia medica h24".

 

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