Coronavirus, Milano oltre i 700 contagi quotidiani. L’Ats: aiutateci a fermare la corsa

L’appello del direttore Walter Bergamaschi: situazione critica nella metropoli, serve la collaborazione di tutti

Emergenza Covid

Emergenza Covid

Milano, 19 ottobre 2020 - La Lombardia ieri ha sfiorato i tremila nuovi contagiati dal coronavirus, la provincia di Milano ha toccato i 1.463 (di cui appena tre hanno fatto il tampone più di una settimana fa) e la città i 727 casi in più in ventiquattr’ore. Numeri mai visti nemmeno durante l’emergenza di marzo e aprile, e anche se i tamponi quotidiani - ieri 30.981 – sono tre, quattro e anche cinque volte più di quelli che si facevano allora perlopiù a persone con sintomi seri che si presentavano in ospedale, «la situazione è critica in Lombardia ma in particolare a Milano e nella Città metropolitana», ha messo in chiaro il direttore generale dell’Ats Walter Bergamaschi lanciando un appello ai 3,2 milioni di abitanti della metropoli e del suo hinterland: «Occorre l’aiuto di tutti i cittadini per fermare la corsa del virus».

La situazione «è critica», spiega Bergamaschi, anche perché «aumentano i ricoveri in terapia intensiva», che ieri in tutta la regione sono saliti di altri 14 arrivando a 110, appena quaranta sotto la soglia che fa scattare il livello d’allerta 2. Tanto che, a quanto risulta al Giorno, è prevista già in settimana l’apertura dei primi cento letti dell’ospedale del Portello, con personale in parte assunto e in parte stornato da vari ospedali a rotazione. Nel Padiglione del Policlinico in Fiera di posti ce ne sono altri cento che potrebbero aprire nelle prossime settimane, così come l’ospedale degli Alpini di Bergamo dove la situazione (+89 contagiati ieri) è ancora sotto controllo. Mentre preoccupano, dopo Milano, la Brianza (+353 positivi ieri) e la provincia di Varese (+354). 

Dei 110 lombardi che erano in terapia intensiva Covid ieri 35, cioè quasi un terzo, sono a Milano (10 al Policlinico, 8 al Niguarda, 6 ciascuno al Sacco e al San Carlo, 5 all’Humanitas), ma sotto stress al momento sono soprattutto i reparti Covid di Pneumologia, Medicina e Infettivi, dove il saldo tra ingressi e uscite (oltre alle dimissioni ci sono stati 21 morti) ieri è stato di +122, sfondando il tetto di mille ricoverati (1.065). Dei nuovi ingressi più del 60% riguarda ospedali di Milano e della prima cintura; tra San Paolo e San Carlo ieri sono arrivati 30 nuovi malati di Covid, al Niguarda 17, all’Humanitas 15, al San Raffaele 13 e sette al Gaetano Pini/Cto. 

La strategia decisa sabato sera in Regione, per fronteggiare una seconda ondata che s’annuncia più simile a uno tsunami, cioè meno violenta e più lenta ed ampia, dell’uragano di marzo, prevede che i 18 grandi Covid-hub concordino con ospedali «spoke» il trasferimento dei malati meno gravi, per continuare a erogare anche le cure non-Covid (che per ora restano al 90 - 95% rispetto al tempo di pace, ma potrebbero esser ridotte a fronte di un aggravarsi della situazione), mentre le Ats, in particolare la Metropolitana, sono al lavoro per individuare anche hotel da destinare alle “degenze di sorveglianza“. Anche «i medici di famiglia - ha sottolineato Bergamaschi - hanno un ruolo decisivo nel segnalare casi sospetti e sorvegliare i pazienti fragili: oggi più che mai possono essere fondamentali, lavorando in rete con le Ats e seguendone le indicazioni».

Ma il direttore dell’Agenzia di tutela della salute si rivolge anche ai milanesi, che «possono fare la loro parte rispettando le regole, e tutelando così se stessi, i propri cari e la collettività». Perché ci vorranno un paio di settimane per vedere l’effetto delle nuove misure sui contagi che «sono in costante crescita - mette in chiaro il dg -. Quello che più preoccupa è che nelle prossime ore il loro numero possa incrementare mettendo sempre più sotto pressione gli ospedali».  

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