Contratti pirata Così cancellano storiche conquiste

Danilo

Margaritella*

Nonostante la pandemia che ci ha colpiti tra il 2020 e il 2021 il lavoro dei sindacati ha portato a

importantissimi risultati in termini di contrattazione. Basti ricordare il rinnovo del contratto dei

metalmeccanici, degli edili e della sanità privata così come si sono ottenuti importantissimi riconoscimenti in vista di futuri contratti (ad esempio per i rider) o si sono sottoscritti accordi importantissimi tra parti sociali e parti datoriali (protocolli di sicurezza in azienda). Certamente resta ancora molto da fare perché tanti sono ancora i contratti che devono essere rinnovati o sottoscritti. Tra tutti penso al settore della sanità pubblica e ad una vera disciplina per lo smart working. In parallelo dobbiamo rilevare che si rende necessario fare chiarezza

sulla miriade di contratti in essere che esistono in Italia al momento. Contratti che sono definiti “pirata“, sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali, con l’obiettivo di costituire un’alternativa ai contratti collettivi nazionali. E si tratta di un numero in crescita esponenziale perché secondo le stime, nel giro di poco più di 10 anni, si è passati da 398 CCNL del 2008 a circa 885 CCNL nel 2019. Tra i settori più colpiti ci sono sicuramente i trasporti e la logistica (che ne conta 66) e quello metalmeccanico: ben 29 oltre quello Federmeccanica. I contatti pirata hanno condizioni normative ed economiche inferiori e la loro applicazione comporta una perdita sia a livello retributivo sia sul piano dei diritti. Non a caso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto definendo il fenomeno dei contratti pirata come fenomeno di dumping.

*Segretario generale

Uil Milano e Lombardia

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