MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Il centenario di Stadera scampato a due stragi e un naufragio: “Nella vita m’ha salvato l’amore”

Alessandro Rosso: "In guerra affondò la nave e sono scampato anche alle stragi di Punta Raisi e Bologna"

Alessandro Rosso ha 101 anni. Durante la seconda guerra mondiale era in Marina. Poi, perito elettrotecnico viaggiava per l’Italia

“Quando il mare è in tempesta, il tempo sembra andare a rallentatore. Ma è nei momenti difficili che si impara di più". Lo dice pensando al “suo“ mare, lui, milanese di 101 anni, che nella vita ha lavorato come perito elettrotecnico "per le ferrovie e la metropolitana", ricorda, e ha combattuto in Marina durante la seconda guerra mondiale. "Ma, più che combattere, a me piaceva suonare: a bordo fondammo un’orchestrina di cui io ero il chitarrista". Alessandro Rosso ha compiuto 101 anni lo scorso 17 giugno e vive fin da quando era un bambino al quartiere Stadera. "Sono arrivato a questa età perché sono un miracolato".

Perché?

"Tanto per cominciare, la nave su cui ero a bordo durante la guerra è affondata ma io no c’ero: avevo disertato per andare dalla mia fidanzata. Per lavoro viaggiavo molto. E scampai alla tragedia di Punta Raisi, nel 1978, perché per una casualità non salii sull’aereo. Così come non presi un treno il giorno della strage di Bologna nel 1980. Destino. Oggi non faccio nulla di particolare, non seguo nessuna dieta e mangio tutto, compresa la cassoeula. A tavola non manca mai il vino. E mangio un solo tipo di dolce".

Quale?

"I cannoncini: li adoro perché sono legati a un ricordo d’infanzia. Ricordo che mi imbucai da bimbo a un ricevimento di matrimonio in piazza Sire Raul e per la prima volta vidi e mangiai i cannoncini. Non immaginavo potesse esistere un cibo così buono".

Qual è il suo primo ricordo?

"Un temporale. Per lo spavento caddi dal seggiolone battendo la testa. Ma ho bene in mente anche la casa in cui sono nato, in via Fanfulla da Lodi, una traversa di via Padova, esistente ancora oggi. All’età di 7 anni mi sono trasferito con la mamma al quartiere Stadera. Un primo figlio era morto nel 1919 a causa dell’influenza spagnola. Durante la mia infanzia e adolescenza il papà non era sempre con noi: erano anni difficili, lui era contrario al fascismo e quindi “spariva“. È stato anche a San Vittore. Tra i miei ricordi più felici, quello del mio grande amore che non c’è più".

Come si chiamava?

"Emilia. La conobbi quando aveva 15 anni. Io ero diciannovenne, nel 1940. Dopo gli studi lei si impiegò in un’azienda di Porta Romana, era un’ottima stenografa, mentre io allora mi occupavo di impianti elettrici per una ditta di via Cusani. Il 1940 è anche l’anno in cui frequentai la scuola militare. Durante la guerra ricevevamo la posta quando la nave attraccava. Io ho custodito tutte le lettere della mia fidanzata fino all’anno scorso. Le ho buttate via perché non voglio che altri le leggano quando morirò. Io sono grato per quello che ho avuto dalla vita. Sono stato “miracolato“ tre volte, sono papà di due splendidi figli, Loredana e Davide, nonno di Alice e Valentina e bisnonno di Emma e Rebecca. Il calore della famiglia è la mia gioia".