Bus sequestrato e incendiato, Sy in aula tenta la carta della pazzia

Il team di esperti che segue i bambini parla di "traumi molto gravi e conseguenze trasmissibili geneticamente"

Il bus dato alle fiamme

Il bus dato alle fiamme

Milano, 21 gennaio 2020 - «Vorrei precisare che sono chiuso dietro queste sbarre, in isolamento, da dieci mesi". Prende la parola ancora prima che cominci l’udienza Ousseynou Sy, il 47enne dirottatore del bus che lo scorso 20 marzo ha tentato la strage di 50 ragazzi, due insegnanti e una bidella che si trovavano sulla corriera di cui lui era autista. L’uomo, che risponde di strage, incendio e sequestro di persone, era presente in aula, come sempre. Ieri è stato ancora il giorno delle famiglie, delle testimonianze di genitori e psichiatri e dei racconti drammatici di come per i piccoli rimasti sequestrati per ore in quell’autobus in cui avrebbero dovuto "bruciare come topi", oggi sia difficile tornare alla normalità. Ansia, mancanza di concentrazione, disturbi del sonno, pianti, depressione: si chiama "disturbo post traumatico da stress", ne soffrono quasi tutti i cinquanta reduci del dirottamento dell’autobus, incendiato. Molti dei ragazzini di 12-13 anni, nonostante siano seguiti da un team di psichiatri, non riescono ancora a reagire e a dimenticare quell’episodio che solo per un soffio non si è trasformato in tragedia vera. Per alcuni di loro, soprattutto per i più fragili, i più piccoli o quelli più esposti perché per primi hanno avvertito i carabinieri, si è innescata una forte forma di depressione.

«Nei giorni successivi all’episodio – ha raccontato una mamma davanti alla Corte d’Assise – mia figlia era molto agitata, ansiosa, é molto cambiata, per lungo tempo ha rifiutato il cibo". Il papà di uno dei bambini protagonisti, anche mediaticamente, del "dopo" racconta che suo figlio ha disturbi del sonno. "Durante la notte non dorme mai, resta a guardare il cellulare e parla da solo, come se fosse ancora in tv. Se si addormenta sogna di cadere nel vuoto da un palazzo o di morire in un altro modo tragico, quindi l’incubo non finisce mai". Per le psicologhe che seguono questi bambini e sentite ieri in aula "si tratta di preadolescenti, poco più che bambini (il cervello arriva a maturazione dopo i 15 anni), il carattere non è formato, non hanno capacità di centralizzare, restano immersi nelle emozioni. Il trauma – hanno spiegato – incide sullo sviluppo della psicopatologia. Subiranno le conseguenze per molto tempo, questa è una ferita che accuseranno per tutta la vita e traumi come questo, sono in grado di modificare la genetica e si trasmettono a figli e nipoti". Sy ha chiesto poi di rendere altre dichiarazioni spontanee, tentando di fare la parte del pazzo. "Io vedo qui molte mamme, vi invito a considerare i bambini morti in mare. Io questo gesto l’ho fatto per loro", ha detto. Le sue dichiarazioni sono state interrotte dal presidente della Corte, Ilio Mannucci Pacini. Sy è uscito dall’udienza ed è stato riportato in carcere.  

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