Br, il mistero dei documenti nascosti al Policlinico di Milano

Nel faldone trovato al Policlinico il tesserino da giornalista di De Carolis, gambizzato nel ’75. I sospetti su Paola Besuschio, ma lei risponde: "Non dico nulla"

AGGUATO A sinistra la scritta nell’ufficio di Massimo De Carolis

AGGUATO A sinistra la scritta nell’ufficio di Massimo De Carolis

Milano, 19 agosto 2019 - Nel faldone ricomparso all’improvviso da quell’intercapedine del muro c’erano documenti originali vecchi di quasi 40 anni. Un salto indietro nel tempo alla Milano delle prime Brigate rosse e degli anni di piombo, quello iniziato due anni fa durante i lavori di ristrutturazione al Policlinico. In quel faldone c’erano volantini di rivendicazione con la stella a cinque punte, la Risoluzione strategica n. 2 dell’organizzazione datata febbraio ’78, materiale dei Nap (i Nuclei armati proletari più o meno contemporanei alle Br, ma destinati a sciogliersi presto), una planimetria della caserma degli agenti di custodia del carcere di Volterra. E c’era un tesserino di riconoscimento portato via dai brigatisti durante l’irruzione nell’ufficio dell’allora leader dc Massimo De Carolis, che il 15 maggio del ’75 fu gambizzato da un commando di 5 persone. Non il tesserino da consigliere comunale, ma quello da giornalista pubblicista. E c’erano, infine, raccoglitori provenienti dalla Sit-Siemens, fabbrica nella quale aveva lavorato come perito elettronico il futuro capo delle Br Mario Moretti, ma anche Paola Besuschio, sospettata di essere l’unica donna del gruppo che sparò a De Carolis. Lei però, sentita come persona informata sui fatti dall’ultima commissione parlamentare sul rapimento di Aldo Moro, su questo punto non ha voluto dire nulla. 

C'è un'indagine formalmente aperta, in Procura, da quando nel luglio 2016 il faldone dimenticato spuntò fuori dal nulla nell’ospedale milanese, anche se gli eventuali reati che dovessero emergere sarebbero ormai prescritti. Durante i lavori di ristrutturazione del padiglione Granelli, quando due operai iniziarono a martellare un muro vicino al sottotetto di una scala, cadde per terra un fascicolo: sull’intestazione, la stella a cinque punte delle Brigate Rosse. Sui documenti originali ritrovati, da allora poco è filtrato se non su quel tesserino di De Carolis che però lui stesso, in un’intervista rilasciata due anni fa al Giornale, immaginava essere quello da consigliere comunale. Invece era quello di pubblicista rilasciato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia.

L’ex deputato dc, oggi 78 anni, spiegò anche di aver saputo direttamente dal magistrato che all’epoca indagò sulla sua gambizzazione - il sostituto procuratore Emilio Alessandrini, ucciso nel ’79 da Prima linea - che la donna del commando era proprio Besuschio. Ma lei - aggiunse De Carolis - quando molti anni dopo si incrociarono negò di averlo mai visto prima. Veronese, oggi 69enne, una condanna scontata a 15 anni di carcere per reati non di sangue - «una delle prime militanti delle Br sin dalla nascita dell’organizzazione» come si definisce - è un po’ la donna misteriosa attorno alla quale ruota la vicenda del faldone ritrovato al Policlinico.

Anche su questo, nel gennaio del 2017, l’ultima commissione parlamentare sul caso Moro decide di ascoltarla come teste attraverso il magistrato consulente della commissione stessa, Guido Salvini. «Ricordo adesso vagamente di aver letto qualcosa in proposito sulla stampa, ma molto di sfuggita – risponde l’ex Br – io comunque non avevo nulla a che fare con il Policlinico e sino alla mia clandestinità avevo lavorato altrove, in particolare alla Sit-Siemens». Combinazione, le ricorda il giudice Salvini, nel faldone ritrovato al Policlinico c’erano raccoglitori proprio della Sit-Siemens e nel commando che ferì De Carolis c’era una donna. «Non voglio riferire nulla in merito a questa vicenda», taglia corto Besuschio.

Ma come ci finì, quel faldone, nell’intercapedine del padiglione Granelli? Le indagini non sono state in grado di accertarlo, almeno finora. All’inizio degli anni ’80, comunque l’ospedale milanese sarebbe stato tragicamente colpito dal piombo. Prima il direttore sanitario Luigi Marangoni venne assassinato dalle Br della “colonna Walter Alasia, brigata Fabrizio Pelli”, il 17 febbraio 1981. E poco dopo l’omicidio del medico, tre infermieri vennero gambizzati perché «suoi complici». La colpa di Marangoni, agli occhi dei terroristi, era quella di aver denunciato alcuni infermieri che avevano compiuto atti di sabotaggio contro la banca del sangue. Anche di Paola Besuschio si riparlerà qualche anno dopo il suo arresto avvenuto in Toscana nel settembre del ’75. Fu per lei (ferita e in gravi condizioni di salute) che il presidente della Repubblica Giovanni Leone stava per firmare nel maggio del ’78 quel provvedimento di grazia che sarebbe potuto bastare, al vertice delle Br, per salvare in cambio la vita di Aldo Moro. Le cose, proprio all’ultimo momento, andarono in modo diverso. Ma questa è un’altra storia.

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