MATTIA TODISCO
Cronaca

“Bella Zio”, una vita con i baffi. Andrea Vitali racconta Beppe Bergomi in un libro

I primi 18 anni del futuro campione del mondo, in una Milano di fine Settanta, raccontati dallo scrittore

Giuseppe Bergomi

Milano, 9 giugno 2018 - Ai tempi in cui Beppe Bergomi si affacciava al palcoscenico del grande calcio, l’espressione molto giovanile “Bella Zio” era ancora ben lontana dall’entrare nel linguaggio comune dei teenager. Pur avendo alle spalle i suoi giovanissimi 18 anni, Bergomi era per tutti “Zio”, senza “Bella”, appellativo dovuto a quei suoi baffi che gli davano un aspetto superiore a quanto non dicesse la carta d’identità. «Ma almeno così abbiamo avvicinato i più giovani», dice sorridendo Andrea Vitali, che con il campione del mondo ’82 ha scritto la biografia così intitolata (la presentazione a Milano avverrà lunedì alle 18.30 alla Rizzoli Galleria), edito da Mondadori e in cui si raccontano i primi anni di vita di una bandiera dell’Inter.

Ce ne parlano proprio gli autori, Andrea Vitali (V) e Beppe Bergomi (B). Perché questo libro?

V: «Perché è una storia di persone e di costume, molto umana. Non è propriamente una biografia, è un romanzo di formazione che parte dalla nascita dello “Zio” fino al momento dei 18 anni.L’ambientazione è quella della Milano e dell’hinterland degli anni ‘60 e ‘70, fatta di oratorio di amici che ti portano agli allenamenti. Una figura di assoluta normalità, in cui manca la ricerca ossessiva del successo, che diventa conseguenza di una passione praticata con serietà».

B: «Io ho incontrato Andrea a una cena di gala per beneficenza. Negli anni ho avuto diverse proposte di questo tipo, ma ho sempre pensato che se non lo fai appena smetti poi diventa difficile. Pensavo anche non fosse così interessante per chi dovesse leggerlo. Quando Andrea mi ha detto quale taglio voleva dare, mi è piaciuto e dopo un anno e mezzo di incontri e racconti siamo arrivati al termine di Bella Zio».

Come è cambiata Milano da quegli anni ad oggi?

V: «Io non conosco così bene la Milano di allora, ma mi sono integrato nell’ambiente che ho raccontato perché era simile a quello dove sono nato io, ancora in bilico tra mondo contadino e industriale con caratteristiche e differenze che hanno contraddistinto quegli anni. Mondi ancora estremamente stretti, affettuosi».

B: «Io sono di Settala, un po’ nella Bassa. La prima esperienza di Milano risale a quando facevo ragioneria nel ’77. Fui chiamato dall’Inter, presi la metropolitana e venni accompagnato da un signore amico di famiglia che mi portò in piazzale Lotto. Quando sono dovuto andare da solo ho sbagliato direzione e sono arrivato a Inganni... Poi come tutte le cose ti abitui e riesci a districarti. Adesso Milano a me piace molto, una città europea con gli ultimi interventi fatti. Una città internazionale. Ci vivo e ci sto bene».

Al calcio, invece, cosa è accaduto in questi anni?

V: «Il calcio attuale sta strozzando i settori giovanili e le squadre in cui dovrebbero nascere i giovani giocatori. Questa è una cosa che mi fa male perché la vivo perfettamente da tifoso con il Como».

B: «Come va avanti la vita, va avanti anche il calcio. A me piace parlare di quello più “polveroso”, ma so cosa vivono questi ragazzi. Vedo che sono aziende di loro stessi. Ognuno ha una chiave di entrata. Il calciatore di oggi non deve essere etichettato come chi ha solo belle macchine e donne, ci sono gli Zanetti, Maldini, Gattuso, gente che fa solidarietà. Ci vorrebbe solo un pizzico di coraggio in più nel far giocare i ragazzi, perché il talento c’è ma a volte si sbagliano alcune valutazioni».

Cosa si potrebbe descrivere in un eventuale sequel di «Bella Zio»?

V: «Sarebbe più difficile, perché dai 18 anni in avanti la vita di Bergomi diventa molto piena di calcio e scrivere di sport è molto difficile. Ce l’hanno fatta pochi autori come Soriano, Nick Hornby, Arpino. Gli altri scadono nel già detto».

B: «Io ho accettato di fare questo perché mi sembrava bella la prima parte della mia vita. Dopo tutti sanno cosa mi è accaduto, a meno che non si trovi uno spunto diverso. Ma non è facile».