Amato in tribunale “dribbla“ le polemiche: "In carcere per migliorare, non per marcire"

Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha evitato di commentare la decisione del Dap di non concedere l'autorizzazione per la presentazione del suo libro a San Vittore. Durante la presentazione del libro, Amato ha sottolineato l'importanza della rieducazione nelle carceri e ha criticato il trattamento attuale.

Amato in tribunale “dribbla“ le polemiche: "In carcere per migliorare, non per marcire"

Amato in tribunale “dribbla“ le polemiche: "In carcere per migliorare, non per marcire"

"Non faccio dichiarazioni su questa vicenda. Non ha senso. È curioso che cerchiate di farmi rispondere. Sono nato a Torino ma il Regno Sabaudo comprende anche la Sardegna": il presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha così evitato di commentare la decisione del Dap di non concedere l’autorizzazione per la presentazione del suo libro a San Vittore. Amato ha dribblato alle domande a Palazzo di Giustizia, dove è stato trasferito all’ultimo momento l’evento che si sarebbe dovuto tenere davanti ai detenuti i quali, come è stato riferito dal professor Antonio Casella, coordinatore del gruppo di lavoro Costituzione Viva, "si erano preparati degli interventi su argomenti di attualità". Del no del Dap e dello spostamento della presentazione nella biblioteca Ambrosoli del Tribunale è invece tornato a parlare Francesco Maisto, garante milanese dei Diritti dei detenuti, che ha ripetuto quanto già aveva scritto in una nota, ovvero che "restiamo sconcertati e siamo in attesa di una risposta democratica" che chiarisca la scelta.

Poi il presidente emerito Amato, durante la presentazione del libro "Storie di diritti e di democrazia" da lui scritto con la giornalista Donatella Stasio, ha proseguito: "Sulla questione delle carceri, la cultura costituzionale, la mentalità costituzionale, in Italia non esiste. Sta prendendo sempre più piede che nel carcere si entra solo per essere puniti. In realtà il carcere esiste per migliorare e non per marcire lì fino a quando uno non muore o si procurerà la morte". Ricordando che il carcere non è punizione ma rieducazione, l’ex premier ha aggiunto: "Occorre che gli italiani si chiariscano le idee e capiscano che tutti possono migliorare". E ancora: "Non è rieducativo un trattamento che costringe quel ragazzo, Marco, a vivere in quel modo e che costringe quel giudice ad avere dubbi" nel giudicare e a mandare in carcere una persone "che quando esce sarà peggio" di prima.