Adam è sotto accusa: rogo doloso, non strage

Né morti né feriti tranne il barman che per il pm voleva togliersi la vita. Dopo mesi, ora sta meglio

I danni dopo l’esplosione di piazzale Libia del 20 settembre

I danni dopo l’esplosione di piazzale Libia del 20 settembre

Milano - Incendio doloso, non strage. È quella meno grave l’accusa che la Procura contesterà ad Adam Serdiuchenko, 30 anni, il giovane barman di origini ucraine rimasto per mesi tra la vita e la morte dopo un’esplosione di gas nel suo appartamento in una palazzina di piazzale Libia 20 nel settembre scorso.

Concluse le indagini, dagli accertamenti condotti dai vigili del fuoco e dai consulenti tecnici parrebbe non esserci dubbio sul fatto che si sia trattato di atto volontario. Fin dal primo sopralluogo, infattti, il tubo del gas nella cucina dell’appartamento abitato da Serdiuchenko venne trovato staccato. Cosa sia successo esattamente quel 12 settembre nel bilocale al piano terra in zona Porta Romana, quando una fragorosa esplosione intorno alle 7.15 squarciò il silenzio di un sabato mattina come tanti, Adam non ha saputo chiarirlo. Tuttavia il pm Mauro Clerici, anche sulla base delle conclusioni a cui sono giunti gli esperti, e considerato che l’esplosione non provocò né morti né altri feriti, è intenzionato a non contestare al ragazzo l’ipotesi di strage.

Uscito dopo mesi dal coma e finalmente in grado di parlare, agli inquirenti Adam ha ripetuto che non ricorda nulla. E solo poche settimane fa ha ricevuto la visita in ospedale, per qualche minuto, di Aly Harhash, l’uomo che quel giorno lo soccorse salvandogli la vita. Il 61enne di origine egiziana, che gestisce una piccola ditta di manutenzione nei condomini, pulizie e piccole ristrutturazioni, fu il primo a trovarsi sul posto e non ebbe esitazioni. "Era una torcia umana – raccontò al Giorno poche ore dopo l’accaduto – e talmente sotto choc per il dolore da non riuscire a muoversi". A quel punto, Aly prese due coperte che aveva nel furgone: "Dopo averle bagnate di acqua, una me la sono messa addosso per entrare in quell’abitazione invasa da fumo e fiamme e l’altra l’ho messa addosso a lui".

Adam, barman di professione, era da qualche mese responsabile di sala al Martini Bistrot di corso Venezia 15. Infanzia difficile in un orfanotrofio dell’Ucraina, il ragazzo approdò a Lodi grazie a una coppia italiana che gli permise di studiare. Nel privato, aveva interrotto da poco una burrascosa convivenza con il suo compagno dopo frequenti liti che avevano anche comportato per Adam a qualche medicazione al pronto soccorso.

 

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