Samurai, 50 anni di un’idea geniale: 57 milioni di fatturato made in Italy

Il 23 maggio scorso la Sisma ha compiuto mezzo secolo esatto di vita: fattura 57 milioni, esporta il 21% del prodotto compreso il mitico stuzzicadenti in legno, dà lavoro a 260 dipendenti distribuiti tra i due stabilimenti mantovani di Valdaro e Villanova De Bellis e quello milanese di Bollate, comprato negli anni ’90 dal colosso americano Procter & Gamble di Tommaso Papa

Gli stuzzicadenti Samurai

Gli stuzzicadenti Samurai

Mantova, 26 maggio 2015 - Che c'entra la betulla di Hokkaido con i successi dell’industria padana? E perché da decenni in mezzo mondo «samurai» non è solo un guerriero giapponese ma anche uno stuzzicadenti? E come ha fatto il samurai (stuzzicadenti) a conquistare persino la Piazza Rossa? Non sono domande bizzarre, perché un filo le unisce al nome della Sisma, fiore all’occhiello dell’industria mantovana, e alla sua storia. Il 23 maggio scorso la Sisma ha compiuto mezzo secolo esatto di vita: fattura 57 milioni, esporta il 21% del prodotto compreso il mitico stuzzicadenti in legno, dà lavoro a 260 dipendenti distribuiti tra i due stabilimenti mantovani di Valdaro e Villanova De Bellis e quello milanese di Bollate, comprato negli anni ’90 dal colosso americano Procter & Gamble.

Tutto è cominciato quasi per caso da un’intuizione semplice ma profondamente innovativa. Erano i ruggenti anni Sessanta. A Milano due fratelli mantovani di belle speranze, Enzo e Giovanni Lotti si imbattono in un commerciante di legno che arriva dal Sol Levante. Il signor Tanaka vende betulla del suo paese, loro intuiscono che per le sue caratteristiche può servire per fare ottimi stuzzicadenti. Sarà un successo e porterà il nome «samurai». «È un simbolo della tenacia nipponica ma anche di quella del contadino mantovano – racconta Alessandro Lotti, presidente del consiglio d’amministrazione di Sisma – a mio padre Giovanni e a mio zio piacque subito». Da allora la cavalcata dell’azienda non si è mai interrotta e ha seguito costantemente i canali dell’innovazione. «Negli anni Settanta durante un viaggio negli Usa per raccattare nuove idee ci siamo imbattuti nei bastoncini per l’igiene dell’orecchio e li abbiano portati in Italia, chiamandoli ‘Cotoneve’. Negli anni Novanta abbiamo acquisito lo stabilimento di Bollate. E ci siamo messi a produrre i dischetti per struccarsi , ma lo abbiamo fatto con una tecnologia di alta qualità che li rende più igienici e resistenti». Alle linee principali si sono aggiunte quelle dei prodotti per la casa. Consolidata la collaborazione per fornire di articoli monomarca per grandi catene nazionali e internazionali (i private label). L’ultimo aumento di capitale finalizzato all’innovazione, 10 milioni, è di poche settimane fa.  Sisma ha particolari mercati di riferimento all’estero? «Abbiamo cominciato con Francia, Germania e Inghilterra – risponde Lotti, che guida l’azienda dal 2010 –. Per venti anni ho curato i mercati stranieri e sono stato un po’ dappertutto. Quando il dollaro era alle stelle per noi gli Usa erano una pacchia, con l’euro ovviamente molto meno. In Russia siamo stati dei pionieri dopo la caduta del Muro, ma ora c’è un cartellone coi nostri prodotti a due passi dal Cremlino. Dappertutto ci si accorge che il made in Italy è la nostra forza, quello che fa la differenza».

Per questo non avete mai delocalizzato? «Non lo abbiamo fatto quando potevamo perché siano legati alla nostra comunità. È un valore aggiunto in tutti i sensi».

E che farete nei prossimi cinquant’anni? «Quello che sappiamo fare: lavoro, nuovi prodotti, ancora lavoro».