Mantova, il professore universitario che smonta su Spotify i miti sul cibo italiano

I podcast di Alberto Grandi sulla nostra tradizione culinaria sono un successo

Alberto Grandi (a sinistra) e Daniele Soffiati durante la registrazione del podcast

Alberto Grandi (a sinistra) e Daniele Soffiati durante la registrazione del podcast

Mantova, 21 marzo 2022 - ​De Gaulle soleva dire: "Come si può governare un Paese (la Francia) che ha 246 tipi di formaggio!". In Italia ce ne sono un migliaio che rivendicano la propria “tipicità”. Povero generale… E in questo brulicare di Dop, Igp, Pat, che riguarda un po’ tutti i prodotti italiani si annidano decine di tranelli, caterve di invenzioni, innumerevoli favole gastronomiche. Si diverte a scoprirle e smontarle Alberto Grandi mantovano doc e professore di Storia dell’alimentazione a Parma. È lui ad avere inventato la D. O. I. Denominazione d’Origine Inventata. In questi anni ci ha scritto libri e da poco ha lanciato un suo podcast in 10 puntate (ma ne seguirano altre) che si sta rivelando un successo social: 180mila visualizzazioni in un baleno con relativa conquista di un posto altolocato nelle classifiche di Spotify. Ogni puntata, realizzata con il coautore, lo scrittore Daniele Soffiati (il produttore è Gabriele Beretta), è dedicata a un argomento, dall’italian sounding nei paesi più lontani, come la Corea del Sud, ai primi, ai secondi , al vino e ai dolci.

Difficile scegliere i più gustosi. Certamente i più indigesti riguardano alcune delle colonne della cucina nazional-popolare, compresi numerosi miti indistruttibili e rispettatissimi. Prendiamo un’icona del Nord, il riso. Fino al 1950, racconta il professore che nega in radice l’esistenza di una cucina davvero italiana ("Ce ne sono al massimo cittadine o paesane") e cita un’indagine Istat di quell’anno, veniva consumato regolarmente solo in Lombardia, Veneto e Piemonte. Nel resto del Bel Paese era semisconosciuto. E gli arancini siciliani? Grandi non ha dubbi: sono arrivati dopo.

E la carbonara? Lo storico della cucina ne fa risalire l’origine all’arrivo degli americani in Italia durante la seconda guerra mondiale: gli ingredienti, giura, sono quelli di una tipica colazione a stelle e strisce (uova e pancetta) con i quali condire la pasta. Non a caso il primo ricettario che la descrive è inglese. Per la amatriciana va anche peggio: Amatrice non c’entra nulla, afferma Grandi, e in origine si trattava di un trito di pomodoro e cipolla, altro che guanciale. E che dire della pizza? All’origine a Napoli, era uno street foood, bianca, condita solo con olio e sale e piegata in quattro. Quella che conosciamo ha anch’essa origine lontana: l’hanno inventata i tanti italiani emigrati a Brooklyn e dintorni, poi è tornata qui arricchita di pomodoro, mozzarella e altro. Tesi che ha subito innescato repliche dei depositari della “tradizione”.

La pasta ripiena, chiamata in cento modi (cappelletti, tortellini, agnolini e via dicendo) pur citata da Boccaccio, ha i propri natali in Turchia e nell’Islam. Ma la conoscevano anche i cinesi. Quella italiana nasce con un ripieno di sola carne bianca (pollame o selvaggina) mai maiale o manzo. Resta insoluto l’enigma che da sempre fa litigare mantovano e ferraresi, cioè l’origine dei tortelli di zucca. I gonzaghiani sostengono che Isabella d’Este, ferrarese di nascita, li inventò una volta divenuta duchessa di Mantova. I rivali estensi affermano l’esatto contrario, li aveva ‘impastati’ prima. E la disputa continua da allora.

Altri segreti riguardano i maiali, allevati per millenni allo stato brado (nel Medio Evo si diceva. "Un bosco da 100 maiali" per indicarne l’estensione) e la loro carne, come del resto quella bovina, era appannaggio dei residenti nelle città, molto meno dei contadini. Quanto al pesce, il più pregiato è stato per secoli quello d’acqua dolce, altro che spigole e orate. ​Le patate, hanno una storia particolare. In Italia erano semisconosciute fino al ‘700 e addirittura si diceva che portassero la lebbra. Solo successivamente hanno conquistato anche le nostre tavole. Sul grana padano e sul parmigiano, le cui dubbie origini sono state raccontate nel primo libro del professor Grandi, si è appurato che per 150 anni sparirono dalla produzione. Fu Napoleone che nel 1797, durante la campagna d’Italia, valorizzò quei formaggi così comodi da trasportare e nutrienti per le truppe. La ciliegina sul gelato del podcast di D. O. I. riguarda il Marsala, un’invenzione degli inglesi che furbescamente lo spacciavano per Madera, fino a quando i siciliani Florio subentrarono nell’affare e istituzionalizzarono il Marsala.