Rapporti con ragazzine: 19 anni

Lodi, condanna per il 50enne di Codogno che avrebbe adescato tre 13enni via chat con falsi profili

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di Carlo D’Elia

Diciannove anni di di reclusione: è la pena che il Tribunale di Lodi ha inflitto al 50enne di Codogno accusato di aver avuto rapporti con tre ragazzine di 13 anni. La vicenda, che risale al 2019 e aveva scosso il Basso Lodigiano, si è chiusa ieri in primo grado. I giudici hanno applicato 61mila euro di multa all’imputato e un risarcimento provvisionale per le parti civili: 70mila per una delle vittime che si è costituita a processo e 30mila per i due genitori. L’uomo, invalido civile sofferente di patologie psichiche che gli impediscono di uscire di casa da quando aveva 15 anni, in carcere di San Vittore dal 18 giugno 2019, aveva chiesto perdono alle vittime.

Accolte le richieste del pubblico ministero Alessia Menegazzo, che rappresenta la Procura di Milano (che più di un anno fa ha coordinato l’attività investigativa), che aveva chiesto per le accuse di violenza sessuale, corruzione di minore, sostituzione di persona, 17 anni di reclusione e 90mila euro di risarcimento per le tre vittime. Richieste pesanti, secondo l’avvocato del 50enne, Anna Tornielli, che ha portato in aula tanti elementi per ricostruire la brutta vicenda. Secondo l’accusa, l’imputato, come strumento di costrizione avrebbe utilizzato due falsi profili social di ragazze coetanee delle vittime usando Instagram e Whatsapp, e inscenato il suicidio di una di queste ragazzine inesistenti, “la cattivissima Giulia”, inviando a una delle vittime la foto di una bambina con le braccia fasciate, facendo credere che ciò era avvenuto perché le richieste di “pratiche magiche”, in realtà violenze sessuali, non erano state esaudite.

Per la difesa, invece, la vicenda non sarebbe andata proprio così. "Il profilo con il nome “Giulia”" esisteva, "ma non veniva utilizzato dal nostro assistito per convincere le presunte vittime a concedersi a lui". Secondo il legale del presunto pedofilo, le ragazzine lo conoscevano già perché a una delle minorenni dava ripetizioni e non sono mai state obbligate a fare nulla. Un altro punto debole sarebbe proprio quello delle date: lo stesso imputato ha affermato che il tutto si sarebbe realizzato tra la fine del 2017 gli inizi del 2018, quando la madre morì, ed egli si trovava in uno stato di disperazione e prostrazione assoluta. L’accusa invece fa risalire appunto il primo caso al 2015.

Nel fascicolo del processo sono finiti anche i filmati raccolti dall’uomo delle presunte violenze, nell’appartamento dove abita. Materiale video che, secondo l’accusa, il 50enne avrebbe utilizzato per ricattare le ragazzine, obbligandole a mantenere il silenzio. Per la difesa invece era la prova di rapporti "del tutto consenzienti". Ma per il tribunale l’uomo era colpevole.