"Noi ostetriche in frontiera all’epoca della pandemia"

Lodi, l’Azienda sanitaria ha stilato un bilancio di questo prezioso servizio divenuto ancora più impegnativo. "Regalare la vita è un’emozione unica"

’ostetrica Anastasia Giuliani, 42 anni, dell’ospedale Maggiore di Lodi

’ostetrica Anastasia Giuliani, 42 anni, dell’ospedale Maggiore di Lodi

Lodi - Ieri era la Giornata internazionale delle ostetriche e l’Azienda socio sanitaria di Lodi ha stilato un bilancio del prezioso servizio che, ai tempi del Covid e la scorsa primavera anche burrascosamente, ha dovuto reinventarsi: 54 di cui 36 in reparto e 8 fanno parte del Consultorio. Altre 6 sono in Area Rosa e 4 dedite all’attività ambulatoriale. Donatella Vasaturo, direttore delle professioni sanitarie della Asst di Lodi (Sitra), introduce: "Mi preme sottolineare la capacità di auto regolamentazione che le colleghe hanno avuto in pandemia. A seguito di una aumentata necessità assistenziale, con assistenza a soggetti Covid free rispetto a positivi, hanno superato vincoli organizzativi. Individuando nuovi modelli di presa in carico, per mantenere ferma la diade mamma bimbo, assicurando assistenza nelle prime fasi evitando trasferimenti in altre strutture. Tutto rivedendo i turni e aggravando i carichi di lavoro". Anastasia Giuliani, 42 anni, coordinatrice del gruppo ostetriche nell’ospedale Maggiore: "Il termine ostretica lo associo all’empatia. Ti permette di entrare in relazione con la donna, ascoltarla e metterla in condizione di aprirsi. E durante il Covid la caratteristica è stata potenziata perché la tradizionale comunicazione non verbale è più difficile sotto i dispositivi". Quando si conosce prima se la partoriente è positiva al Covid, la Regione dà indicazione di trasferirla, da aprile 2020, a Pavia.

«Siamo stati i primi ad essere invasi dal virus e non avevamo indicazioni precise, garantivamo assistenza. Quindi quando mancava l’esito del tampone, utilizzavamo tutti i dispositivi di protezione possibili. Poi sono arrivate tante indicazioni". Se la donna è positiva e senza sintomi il bimbo rimane con lei ma c’è un percorso di educazione sanitaria della mamma. "Un lavoro enorme, già dai corsi di accompagnamento alla nascita – ricorda –. Già dal 23 febbraio 2020, quando abbiamo scoperto di accogliere la moglie del paziente 1 di Codogno, positiva, ci eravamo riorganizzate per rimanere vicine a distanza, attivando un numero Pronto mamma per ogni dubbio. Le visite e i contatti erano stati interrotti e tante donne avevano bisogno di aiuto. Poi si è aperto il capitolo delle visite a domicilio curato dalla collega Mariagrazia Viganò, coordinatrice delle ostetriche di famiglia del consultorio Asst". E la conclusione: "Questo lavoro devi sentirlo nell’anima. Devi aiutare la donna ad avere il suo parto, il meno traumatico possibile. Così la donna avrà un ricordo positivo del parto. Anche e soprattutto in epoca Covid. E noi ce l’abbiamo messa tutta. Io piango ad ogni parto e mi sono innamorata delle ostetriche quando, giovanissima, sono diventata mamma e ho deciso, apprezzando molto chi mi assistì, di diventare una di loro e vivere sempre il miracolo della vita".