di Laura De Benedetti "Ho scelto di non essere vittima: non ho fatto niente per meritare che qualcuno mi lanciasse dell’acido sul volto. Non voglio pietà e non voglio guardare indietro. Quello che è successo è la mia storia non la loro, dei miei aggressori". Ha colpito i circa 70 studenti delle classi terze e quarte dell’istituto Merli di Villa Igea la forza positiva emersa, ieri mattina, dal racconto di Vilma Dule, 35 anni, albanese che vive a Codogno. A 26 anni, promossa a manager dell’azienda di Tirana che gestiva la vendita, tramite call center, di prodotti alimentari per una ditta italiana, è stata sfregiata con l’acido da presunti colleghi rivali, mai neppure incriminati: hanno solo perso il posto. Una laurea a Valona, poi un master a Tirana e il primo incarico nel call center dove, per le sue capacità, Dule fa presto carriera. Il caso vuole che la sua dirigente finisca nei guai con la giustizia e l’azienda promuova lei a manager, scatenando il rancore di un collega: è il dicembre 2012, l’inizio di una escalation di molestie e minacce che la porterà, quasi inconsapevolmente (lei aveva allertato l’azienda ma senza mai sporgere denuncia), a quel 27 agosto 2013 in cui la vita come la conosceva, felice e sicura (un posto di lavoro, un fidanzato, l’acquisto di una casa), deraglia. Un giovane l’attende sotto casa mentre esce per recarsi al lavoro e le lancia addosso l’acido che le corrode il viso e un braccio. "É iniziato un calvario durissimo - ricorda Vilma Dule -. L’ambulanza non è mai arrivata e sono stata portata in ospedale in auto. Mi sono risvegliata dopo tre o quattro giorni in quella che doveva essere la rianimazione, con una finestra aperta, le api che giravano, i farmaci che i miei familiari dovevano acquistare in farmacia e ...
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