
Paolo Cecchetto
Rescaldina (Milano), 8 ottobre 2016 - Un palloncino a forma di coppa sospeso in aria con scritto «campione» e una medaglia d’oro targata Rio 2016 custodita come un cimelio sacro tra i cartelloni dedicati dagli amici e le foto di famiglia. Ogni volta che indossa quella medaglia, Paolo Cecchetto, oro alle Paralimpiadi di Rio 2016 nell’handbike (categoria H3), rivive il fatidico momento del traguardo che lo ha portato sul gradino più alto dei Giochi, ma anche della vita: «Mi sento rinato e raccontare oggi quello che ho fatto significa aver vinto la mia scommessa». Paolo, 49 anni, è nato a Legnano. Il padre Guido, a cui il campione paraolimpico dedica la medaglia d’oro, faceva il falegname: «Sono cresciuto a Rescalda, dopo il mio incidente ho fatto per dieci anni il bibliotecario a Varese».
Un incidente mortale in moto quello avuto a vent’anni a Rescaldina. Il campione paraolimpico era con il suo migliore amico. Paolo perse l’uso delle gambe, Vito morì sul colpo. «Ho dedicato tante vittorie a lui», dice commosso Cecchetto mentre dalla sua polo si intravede il nome Vito tatuato sul grande bicipite che lo ha fatto volare alle paralimpiadi di Rio. «Una tragedia inimmaginabile, per me e per la famiglia di Vito. Il padre morì sei mesi dopo, la madre che, dopo l’incidente, andavo a trovare, è rimasta vedova». Dal buio Paolo è riuscito a trovare la luce. La forza di lottare per poi rinascere, giorno dopo giorno, fino a diventare campione paraolimpico. «Se stai male tu, stanno male tutti le persone che ti amano e ti circondano, non bisogna mai arrendersi perché la vita intanto va avanti».
Durante il suo periodo di riabilitazione, a Passirano, Paolo ha conosciuto Laura, una fisioterapista che lavorava in ospedale come volontaria, e che dal luglio del 1991 è sua moglie. Per i figli, Rebecca, 18 anni, Noah, 15 anni, e Mattia, 12 anni, anche loro a Rio, Paolo è il papà eroe. «Il mio riferimento è Heinz Frei, atleta svizzero paraolimpico che a 54 anni ha vinto il quindicesimo titolo a Londra 2012». In quella edizione Cecchetto arrivò settimo dopo essere andato fuori pista su una curva: «Avevo quasi deciso di mollare, invece la mia squadra, i miei amici e la mia famiglia hanno creduto in me. Ho affrontato gli allenamenti in maniera diversa, sempre dalle tre alle cinque ore al giorno, ma concedendomi anche delle pause». Tra una festa con gli amici e una serata di riconoscimento al merito sportivo, Paolo non perde di vista quelli che sono i suoi obiettivi e continua ad allenarsi. Chiude la porta di casa e torna nella sua pista d’allenamento preferita: la strada. «Vado in mezzo alle auto e ai camion, ma faccio sempre attenzione».