"Dal Governo tante parole ma zero aiuti". Così la Franco Tosi è costretta a traslocare

Legnano, il patron della storica fabbrica di turbine: decisione dopo le feste

Alberto Presezzi e il ministro Giuliano Poletti (Studio Sally)

Alberto Presezzi e il ministro Giuliano Poletti (Studio Sally)

Legnano, 29 dicembre 2016 - Per due volte nell’arco di pochi mesi il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è venuto a Legnano, affermando davanti agli Industriali riuniti in assemblea che la Franco Tosi «è un pezzo importante dell’industria italiana». Ma le trattative tra il Governo e la proprietà della storica fabbrica di turbine, fondata nel 1881 da Franco Tosi, uno dei pionieri dell’industria metalmeccanica, sembrano essere arrivate a un punto morto. Al centro, lo stanziamento di fondi necessari per evitare la chiusura e il trasferimento delle linee produttive da Legnano a Burago Molgora, in Brianza, dove ha sede la Bruno Presezzi, azienda principale dell’attuale patron della Tosi, Alberto Presezzi.

«Abbiamo presentato il nostro programma di investimenti, ma il supporto che ci hanno offerto è irrisorio, quasi pari a zero», spiega Alberto Presezzi, che nel 2015 ha acquistato la Franco Tosi varando un piano per rilanciare l’azienda in uno dei periodi più difficili della sua lunga storia. «Hanno sostenuto che per ora non ci sono le possibilità per aiuti più consistenti - prosegue - e, vista anche l’entità del piano, le proposte che hanno fatto sono marginali. A meno che il Governo non trovi un’altra strada - sottolinea - per noi la partita è chiusa». La Franco Tosi, quindi, dovrà cavarsela da sola, senza il sostegno del Governo. Quale sarà il futuro dell’azienda? Il patron della Tosi non si sbilancia. «Abbiamo avviato una riflessione - spiega - anche sulla base dei risultati ottenuti al tavolo con il Governo. Prenderemo presto le nostre decisioni, al termine della valutazione». Subito dopo le feste, il 12 gennaio, è in programma un incontro con i sindacati, che stanno portando avanti una battaglia per evitare un trasferimento in Brianza che coinvolgerebbe circa 300 dipendenti. Spostare la produzione in un’unica sede avrebbe il vantaggio di ridurre i costi, ma impoverirebbe il tessuto economico dell’Alto Milanese, privando il territorio di una delle aziende più importanti. La partita è ancora tutta da giocare. Uno dei nodi principali, quello degli eventuali aiuti del Governo, si è però risolto con un nulla di fatto.

Alberto Presezzi in passato aveva sostenuto diverse volte che «senza il sostegno che era stato promesso difficilmente potremmo rimanere a Legnano». Dopo lunghe trattative con i funzionari ministeriali gli aiuti non sono arrivati e, ora, si è aperta una difficile fase di valutazione, con un inizio anno segnato dall’incertezza per i lavoratori dell’azienda simbolo di Legnano, che è stata uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana. Un’impresa che negli anni Settanta, nel periodo di maggior sviluppo, impiegava circa seimila lavoratori.