Olginate, è morto 20 mesi fa ma è a processo insieme a suo figlio

Lecco, fu ucciso ma deve “rispondere“ di lesioni e minacce

Salvatore De Fazio

Salvatore De Fazio

Olginate (Lecco) -  E’ stato ucciso a Olginate venti mesi fa, ma per il tribunale è a processo con il figlio Matteo per presunte minacce e lesioni nei confronti di un inquilino del condomino dove viveva. Un fatto accaduto nell’aprile 2019 nelle case popolari di Olginate, quando il vicino di casa, un egiziano che tra l’altro è morto qualche mese fa, l’avrebbe importunato con un cagnolino, che abbaiava e poi lasciava i bisognini sulle scale. La vicenda è stata ricostruita ieri in tribunale, davanti al giudice monocratico Martina Beggio e quando è stato pronunciato dall’accusa il nome di Salvatore De Fazio, ucciso l’11 settembre 2021 a Olginate da Stefano Valsecchi, reo confesso che è stato condannato anche in Appello a 19 anni e 4 mesi, c’è stata sorpresa.

Quando l’imputato è morto il processo si estingue, invece nel caso del 47enne ci sarà almeno per un’altra udienza, quando saranno sentiti i testi della difesa, poi proseguirà solo nei confronti del figlio minore Matteo. I due imputati sono assistiti dall’avvocatessa Nadia Invernizzi. Nell’aprile del 2019 ci fu una violenta lite tra i De Fazio e l’egiziano e ieri i testi dell’accusa hanno ricostruito quanto accadeva nel condominio e la contesa era su un cane di piccola stazza, di proprietà di una signora anziana, che l’aveva affidato all’egiziano e a un suo amico.

«Certamente – ha spiegato un vicino di casa – quel cane abbaiava un po’ troppo e disturbava, e non mancavano i momenti di tensione". Per i De Fazio, padre e figlio, quel cagnolino doveva essere allontanato e così si sono presentanti a casa dell’egiziano e l’hanno minacciato. La discussione è degenerata e il 40enne extracomunitario ha dovuto ricorrere alle cure del Pronto Soccorso dell’ospedale di Lecco, con una prognosi di dieci giorni. Matteo De Fazio, assieme ai testi delle difesa, sarà sentito nella prossima udienza fissata a fine giugno davanti al giudice. Rimane però un fatto – pur contemplato dalla legge – che un morto da ben 21 mesi sia imputato in un processo perché il reato è correlato a quello commesso dal figlio.