Federico Magni
Cronaca

Corno Nibbio, spaccatura con il mondo degli scalatori

Attaccata la Comunità montana dopo i divieti: "Ha svegliato il can che dorme"

La celebre parete

Ballabio (Lecco), 8 luglio 2015 -  Il pasticcio del Nibbio, con i divieti di scalare (che comunque nessuno rispetta), sta provocando una profonda spaccatura con il mondo degli scalatori. Chissà se la storia dell’alpinismo sarebbe stata poi la se stessa se Walter Bonatti avesse trovato un cartello di divieto d’accesso al Corno del Nibbio, la celebre falesia ai piedi della Grignetta su cui provò per la prima volta l’ebbrezza della scalata. Dalla stortia della chiusura della parete invece Lecco e il suo territorio, che alle gesta di scalatori e avventurieri devono molto della loro fama nel mondo, non ne stanno uscendo affatto bene. Un pasticcio tutto all’italiana, visto che ci sta in mezzo anche la politica, che peró sta creando un duro scontro con la comunità di scalatori. Lo si capisce anche dalle parole di Andrea Gennari Daneri nel suo editoriale su “Pareti”, rivista di riferimento, che ci va giù pesante contro la Comunità montana Lario Orientale Valle San Martino che avrebbe, secondo lui, provocato lo scontro definitivo con la proprietà del terreno che ha deciso poi di far saltare l’accordo per la vendita del Nibbio.

«Ha svegliato il can che dorme - scrive -. Se ne salta fuori con un bando “faraonico” per il tipo di parete: totale rifacimento della chiodatura (Guide alpine e materiali) euro 25mila, sistemazione base e sentiero di accesso (prezzario regionale lavori forestali) euro 17mila, verifiche geologiche, legali, polizza assicurativa, spese tecniche e somme a disposizione per eventuale acquisizione: euro 18mila». Eppure chi scala al Corno del Nibbio conosce la situazione: «privo di rischi “speciali” di distacchi, materiale ancora in ottimo stato ed eventualmente aggiornabile con la normale diligenza e i costi contenuti che qualsiasi chiodatore o comunità di chiodatori è abituato ad affrontare». «Il terreno, il sentiero la parete sono di tali signore Ponziani...a cui non è andato giù manco per niente di vedersi offrire prima quattro lire e alla fine 10mila euro per cedere ettari di terreno. Le signore sono state anche educate», scrive.

La proprietà, a conclusione di questa storia, ha fatto la cosa più logica che qualsiasi proprietario avrebbe fatto se improvvisamente avesse scoperto un potenziale economico per un terreno fino a quel momento improduttivo. Inoltre per liberarsi di qualsiasi rischio legale connesso all’attività degli scalatori, che erano sempre stati liberi di praticare la loro attività, ha chiuso definitivamente l’accesso al Nibbio. «Sosteniamo fermamente che certificare le falesie sia utile solo a chi mira a guadagnare sopra un’attività che i chiodatori fanno gratis dagli anni ‘70», continua Andrea Gennari Danesi.