La difesa di Basilio nel ricordo di Capaci

Serata con l’associazione La Fucina: a Ballabio la mafia voleva fare business e intombare fino a 600 tonnellate di rifiuti tossici

Migration

Volevano trasformare il canalone di Balisio a Ballabio in una terra dei fuochi dove intombare fino a 600 tonnellate di rifiuti tossici che avrebbero avvelenato le falde acquifere di Lecco. È successo tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta. A voler trasformare il canalone di Balisio in una discarica di fusti pieni di liquami petroliferi, acqua di lavaggio di reattori chimici e farmaceutici, fanghi, solventi, fitofarmaci e pesticidi, sono stati il sindaco dell’epoca Bruno Colombo, mancato a 70 anni nel maggio del 2020, imprenditori e professionisti prestanome a capo di società cartiere stile scatole cinesi ed esponenti della mala organizzata ritenuti vicini al solito boss della ‘ndrangheta lombarda Franco Coco Trovato, che a 75 d’età sta scontando il fine pena mai al 41 bis. Tra i 27 per i quali al termine della successiva inchiesta venne chiesto il rinvio a giudizio figurava anche suo cognato, l’oggi 69enne Vincenzo Musolino, la cui impresa edile di famiglia è stata più volte colpita da interdittive antimafia. L’affaire "rifiuti connection" non è andato in porto solo grazie al presidente di allora della Cm Alvaro Ferrari e al suo vice Gianfranco Magni, che hanno unito 80 amministratori locali di diversi paesi e partiti per stroncare l’operazione. Si tratta di un inquietante capitolo poco conosciuto sulla storia degli intrallazzi tra politici e picciotti, che ha preceduto quelli molto simili scritti in seguito dalle inchieste "Infinito" del 2010, "Metastasi" del 2014 e "Cardine – Metal money" del febbraio 2021. Lo ha riletto l’altra sera a Barzio Cesare Canepari, anima dell’associazione culturale La Fucina per ricordare il trentennale dell’"attentatuni" di Capaci, insieme ai due protagonisti di quelle pagine.

"A 30 anni dalla strage di Capaci abbiamo proposto approfondimento sulle infiltrazioni della criminalità organizzata anche nel nostro territorio – ha spiegato l’ottimo Canepari che ha minuziosamente ricostruito tutti i passaggi della "Anonima rifiuti tossici" insieme ad Alvaro Ferrari e Gianfranco Magni, le cui carriere politiche sono state stroncate per essersi opposti all’operazione, da cui inizialmente i magistrati sospettavano si fossero dissociati perché non gli fossero stati proposti abbastanza soldi, salvo poi ringraziarli per la loro assoluta onestà e integrità molto rara in periodi di mazzette -. In una provincia dove in 24 mesi sono state emesse 27 interdittive antimafia la presenza delle mafie è una problematica da conoscere e affrontare".

Daniele De Salvo