Interdittive contro la ’ndrangheta A Lecco numeri da terra di mafia

Ogni due settimane in provincia una società viene chiusa . L’ultima serrata ha coinvolto un’impresa edile

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Ogni due settimane in provincia di Lecco una società viene chiusa per mafia. Da inizio anno ne sono state chiuse 11. L’ultima serrata è scattata l’altro ieri, ma il prefetto Castrese De Rosa in un giorno ha provato a firmare anche fino a tre interdittive in un colpo. Sono cifre che, sia in termini assoluti sia in percentuale, sono paragonabili ai numeri dei provvedimenti emessi in territori molto più ampi o più riconducibili nell’immaginario collettivo alla presenza degli "uomini d’onore". Testimoniano però anche l’importante attività di prevenzione svolta dagli investigatori del Gruppo antimafia interforze provinciale. Nella mappa disegnata dai "guardiani" di Anac, Autorità nazionale anticorruzione, il Lecchese è da bollino rosso per le infiltrazioni della criminalità organizzata ed è citato in quasi tutti i report degli esperti dell’Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione di tipo mafioso. La geografia delle imprese scoperte negli ultimi 2 anni riconducibili ad affiliati soprattutto alla ‘ndrangheta comprende Annone, Calolziocorte, Cernusco, Cesana, Barzago, Ello, Galbiate, La Valletta, Lecco, Lierna, Oggiono, Olginate, Robbiate e Valmadrera. Sono stati chiusi sfasciacarrozze, un bingo, bar, ristoranti e pizzerie, un albergo poi riaperto, imprese edili, autonoleggi, concessionarie, un mobilificio, un’agenzia funebre, una ditta di casse da morto e un’immobiliare. Molte attività erano nelle mani dei Trovato, alcune, come quelle funebri, di esponenti della mala crotonese, le altre dei componenti del locale di Calolzio, come l’impresa di Olginate chiusa martedì, che fanno capo al Crimine di S.Luca in Aspromonte. "L’attività investigativa ha consentito di definire le attuali dinamiche organizzative e le attività criminali di un sodalizio di matrice ‘ndraghetistica radicato da tempo nell’entroterra lecchese e riconducibile al locale di Calolziocorte, considerato tra i più consolidati insediamenti mafiosi di origine calabrese", si legge in una delle ultime relazioni presentata al Viminale.Daniele De Salvo