Il cyberbullismo può uccidere i più deboli

Una legge punisce chi lo pratica. Ma l’antidoto vero è parlarne con i genitori e i docenti e non chiudersi in se stessi

Il cyberbullismo può uccidere i più deboli

Il cyberbullismo può uccidere i più deboli

Si parla di bullismo di fronte ad una relazione di abuso di potere in cui avvengono dei comportamenti di prepotenza in modo ripetuto e continuato nel tempo, tra ragazzi non di pari forza, dove chi subisce non è in grado di difendersi da solo. ll bullo è colui che, attraverso la propria forza o la propria posizione di superiorità, colpisce la vittima con violenze di tipo fisico-verbale o psicologico. Molte persone stanno dalla sua parte solo per la paura di dover subire tutto quello che subisce il ragazzo o ragazza bullizzata.

Il bullismo può danneggiare l’autostima delle vittime, che possono maturare nel tempo una scarsa fiducia in se stesse e nelle proprie capacità, nei casi più gravi può far cadere in depressione le vittime che arrivano a non voler più uscire dalla loro casa per paura. Il cyberbullismo è la manifestazione in rete del fenomeno del bullismo, si nasconde dietro social e si materializza in discorsi d’odio, commenti negativi, insulti, calunnie che possono portare persino le vittime al suicidio quando non ce la fanno più a subire tali persecuzioni. E’ il caso di Amanda Todd. La quindicenne si uccise il 10 ottobre 2012, lasciando su YouTube un video in cui raccontava la sua triste esperienza. La ragazza aveva vissuto un’adolescenza tremenda, basata sulle conoscenze online per sfuggire alla solitudine. Inizialmente la ragazzina visse un momento di apparente felicità, ma quando un ragazzo la minacciò di diffondere la sua foto senza veli, Amanda finì per disperarsi. In pochi giorni le sue foto finirono in rete e anche la sua famiglia ne fu informata. I genitori scelsero di trasferirsi per cercare di farla sfuggire a tutto questo. Ma anche il trasloco non servì a nulla. La sua vicenda proseguì con ulteriori episodi drammatici che la portarono alla decisione di farla finita nel 2012, lasciando sconvolto il mondo intero. Esiste anche un caso italiano molto simile.

È la storia di Carolina Picchio. Anche lei, nella notte tra il 4-5 gennaio del 2013 si tolse la vita a causa di video imbarazzante che i suoi “amici” avevano pubblicato sul web e di una lunga serie di insulti gratuti. Questo drammatico fatto portò, oltre che all’apertura del primo processo per cyberbullismo in Italia, anche all’approvazione, nel 2017, della prima legge per cyberbullismo in Europa, intitolata proprio a Carolina Picchio. Fortunatamente ci sono anche storie a lieto fine. Ad esempio quella di Flavia Rizza, una ragazza che è stata vittima di cyberbullismo. I bulli non la sopportavano per un semplice motivo: erano invidiosi perché lei andava molto bene a scuola. I bulli la insultavano online pesantemente oppure la spingevano in mezzo alla strada, arrivarono anche a pubblicare delle foto per creare dei meme o scrivere commenti pesanti sul suo conto. che la facevano stare molto male. Oggi combatte contro la violenza, ha portato la sua storia in tutta Italia e invita tutte le vittime di non chiudersi in sé stessi perché la vita è solo una.