Niccolò Banfi e il giro del mondo in barca a vela: “Quei mesi tra gli oceani mi hanno cambiato la vita”

A 23 anni è reduce dalla Ocean Globe Race, ideata per il 50° della mitica Whitbread: "Navigare è tutto ciò che voglio fare"

Niccolò Banfi

Niccolò Banfi

Lecco – "Mi piace il vento perché non si può comprare", disse una volta Gianni Agnelli che in barca appagava la sua ricerca di libertà. Le raffiche che gonfiano le vele, le onde increspate e l’infinità degli oceani hanno stregato anche Niccolò Banfi, che a soli 23 anni ha percorso 27mila miglia nautiche in cinque mesi (da settembre a marzo) di navigazione alla Ocean Globe Race, il giro del mondo ideato nel 2023 per celebrare il 50° della mitica Whitbread. Un giro del mondo “vintage“ con 13 imbarcazioni costruite negli anni ’70 e ’80 e niente Gps. Tradotto: rotta tracciata con i soli punti di triangolazione, gli astri, il sestante e senza il software odierno.

Profumo di antichi navigatori di storie alla Hemingway, un’avventura a cui ha partecipato anche il lecchese come membro dell’equipaggio internazionale di Translated 9, il ketch di 65 piedi degli armatori Marco Trombetti e Isabel Andrieu dopo una selezione tra 1.400 aspiranti. "Un’esperienza che mi ha cambiato la vita", spiega Nicolò, laurea a Brera in Design del prodotto industriale. E pazienza se lo scafo affidato allo skipper Vittorio Malingri e al figlio Nico sia stato costretto a riparare a Madeira per un’avaria in pieno Atlantico senza chiudere la regata a Southampton. Dettagli.

"Pensavo che non finire la regata fosse un dramma perché ero partito con l’idea della competizione mentre quei cinque mesi condivisi con un equipaggio mi hanno fatto capire quanto sia bello navigare per il semplice piacere di farlo". Capire cosa si vuole dalla vita a quest’età è già un successo. In questo affascinante percorso esistenziale c’è il grosso zampino di papà Giuseppe, “il baffoW per gli amici, che sin da bambino si porta Niccolò in barca sulle acque del lago di Como. Acque dolci, dettaglio anche questo. "Papà mi ha insegnato i rudimenti della navigazione, ho cominciato a timonare e familiarizzare con le vele". In parallelo nasce la pratica agonistica: Optimist, Rs Feva (una barca ibrida tra Optimist e 420), fino all’acquisto di un Meteor con due amici per cominciare a saggiare l’acqua salata del mare.

"Lì ho capito che per me navigare sulla barca è tutto: ci sono regole da rispettare, c’è una gerarchia a bordo ma poi sei tu che ti metti alla prova. Fai un patto con la natura e devi essere pronto a tutto, perché può succedere di tutto, prevedere il meteo, imparare a conoscere la tua barca con cui entri in armonia". Emozioni come quando durante la Global Race Niccolò si trova a timonare a Capo Horn. "Era notte e c’era una tempesta spaventosa da 40-50 nodi con onde di 10-14 metri. Già uscire dalla scaletta e raggiungere il timone è un impresa, se cadi in acqua è la fine. Ricordo ancora il cambio con Nico che mi dice “siamo nella merda, la barca non si tiene” e a quel punto arriva una raffica di 65 nodi: la barca va fuori controllo, si gira di 180 gradi e si piega di altri 90, con l’albero in acqua come un terzo della coperta. Ribaltati e in pratica in balia della tempesta".

Quelle emozioni lì lasciano il segno, nell’anima, nella vita. "Ho capito che mi piacerebbe fare il velista professionista e per questo lavorerò con Vittorio con la sua scuola vela d’altura. Le regate mi piacciono ma mi piace di più l’idea del navigare, del godere di quel patto con la natura che ti regala il vento ma esige rispetto".