
Nicola Castellano 40 anni è falconiere al castello di Vezio
Tra venerdì e sabato un’ombra senza volto né nome ha scavalcato il muro di cinta dell’antico castello longobardo di Vezio, a picco sul lago di Como, a Perledo, ha scassinato cinque voliere e ha liberato altrettanti rapaci, che hanno spiccato il volo e sono spariti inghiottiti nel buio della notte. L’ignoto eco-guastatore pensava forse di regalare loro la libertà, invece li ha condannati a morte pressoché certa: sono animali nati in cattività e in natura, senza il falconiere Nicola Castellano, 40 anni, gli ultimi 16 dei quali fianco ad ala con i suoi volatili, sono facili prede e non hanno modo di sopravvivere né di procacciarsi il cibo. E la facile profezia è diventata presto una brutta realtà. Tristan, falco lanario, è stato ritrovato subito morto, probabilmente cannibalizzato da cornacchie che lo hanno attaccato. Del barbagianni Semola, di Linda e Parsifal poiane di Harris, come pure del gheppio Merlino invece ancora nessuna traccia. La speranza è che almeno qualcuno torni e si salvi da una fine orribile alla quale sembrano destinati: morire di fame e di stenti nel migliore dei casi, oppure sbranandosi a vicenda o finendo cacciato da altri selvatici.
Nicola Castellano, 40 anni, sposato, papà di due figlie piccole, il destino già scritto nel cognome, è il custode dell’antico castello di Vezio, una torre di avvistamento fortificata medioevale tra Perledo e Varenna. È anche il responsabile della falconeria del maniero. Il centro di addestramento di rapaci diurni e notturni aperto a spettatori e visitatori rischia però di scomparire, perché qualcuno ha liberato quasi tutti i suoi volatili.
Chi è stato?
"Un fanatico estremista, perché una persona del genere non può essere definito animalista, poiché non ama gli animali, anzi li odia. Spero se ne renda conto. Se avessero voluto volare via, se fossero stati stressati o gestiti male, sarebbero scappati un giorno qualunque sbattendo due volte le ali durante l’addestramento al volo libero, invece di scegliere ogni volta di tornare da me".
Come è diventato falconiere?
"Lo sono diventato per caso. Sono un autodidatta. Ho cominciato per lavoro ad affiancare il precedente falconiere e custode del castello di Vezio, che si trova di fronte a casa mia. Quando lui ha lasciato, ho preso io il suo posto, anche per evitare che il castello chiudesse. Non ci sono manuali da studiare, né tecniche particolari da imparare e seguire. Ci vogliono tanta pratica e tanta, tanta costanza".
Che rapporto ha con i suoi rapaci?
"Non sono gatti che fanno le fusa, né cani che scodinzolano. Ho tuttavia sviluppato un grande legame di affetto e fiducia, altrimenti non si lascerebbero avvicinare né toccare e nemmeno nutrire da me. Con loro non posso sgarrare, basta tradire la loro fiducia una volta perché la perdano per sempre. È difficile da spiegare, ma mi regala molta soddisfazione stare a contatto con loro. Per me è come aver perso animali da compagnia che erano parte della nostra famiglia. Chi li ha liberati ha provocato un grosso danno economico e professionale, ma è il danno emotivo a essere incalcolabile".
È impegnativo occuparsi dei rapaci?
"Sono 16 anni che mi occupo di loro, d’estate e d’inverno, con 40 gradi e con la neve, a Natale e Ferragosto, con la febbre e durante i lockdown. Pulisco le voliere, li curo, li peso, li addestro, ci esibiamo. Non posso mai abbandonarli, nemmeno per andare in vacanza. Bisogna esserci sempre. Io però sono contento così, è la mia vita".
Cosa spera ora che sono stati liberati?
"Che qualcuno torni da me e si salvi, almeno i rapaci più grandi che hanno più possibilità di resistere, mentre per i più piccoli purtroppo temo sia già troppo tardi".