Sul tetto del mondo assediato dal virus: "Ossigeno a chi scala, non ai malati"

Da Lecco al Nepal, il paradiso degli scalatori alle prese con la variante indiana: contagi in crescita, pochi ospedali

La coda di scalatori verso la vetta dell’Everest

La coda di scalatori verso la vetta dell’Everest

Lecco - Il coronavirus colpisce anche sul “Tetto del mondo”. C’è preoccupazione per l’arrivo della variante indiana ai piedi dell’Himalaya, dove nonostante restrizioni e difficoltà negli spostamenti fra un continente e l’altro, centinaia di scalatori sono comunque impegnati in questo momento sulle montagne più alte della Terra. Il Nepal, che sul turismo della montagna ha poggiato buona parte della sua economia, non ha voluto rinunciare questa volta alla stagione turistica legata alle scalate. Nei giorni scorsi si sono registrati focolai di Covid-19 ai campi base di un paio di “ottomila”, quello dell’Everest e quello del Dhaulagiri. Se l’infezione può essere preoccupante in condizioni normali, figuriamoci oltre i cinquemila metri dove può essere scambiata per uno dei tanti sintomi del mal di montagna. E così diversi alpinisti hanno fatto le valigie e sono rientrati a Kathmandu in elicottero dopo diversi casi di positività nei tamponi effettuati da un team medico dell’esercito nepalese. Ma ora si teme la diffusione del contagio fra la popolazione locale della Valle del Khumbu (quella che porta ai piedi dell’Everest) e nelle altre frequentate dagli scalatori, dove, nonostante la grande presenza di turisti in primavera e in autunno, le piccole comunità locali vivono ancora in condizioni umili, povere, in zone remote, senza la possibilità di appoggiarsi a dei veri ospedali. Pensiamo cosa potrebbe accadere con la diffusione di una variante particolarmente contagiosa.

«Speriamo che la cosa non vada fuori controllo. Ieri sono sceso a Namche Bazar al mercato. Ultimo giorno con le bancarelle e nei prossimi giorni chiuderanno a tempo indeterminato bar, bakery, negozi vari e altre attività. Da disposizioni governative - spiega Floriano Castelnuovo, scalatore lecchese, da tempo trapiantato nella comunità locale sherpa di Khumjung, a oltre quattromila metri -. La gente qui a inizia a preoccuparsi, speriamo che con il fermo dei voli aerei a Lukla, la situazione resti tranquilla. Per recuperare i soldi persi l’anno scorso il Governo nepalese ha fatto arrivare una bolgia di gente concedendo più permessi del solito. Ci sono americani, indiani, cinesi. Pochi gli occidentali". "È una situazione paradossale - continua Floriano - In quota sono pieni di bombole di ossigeno per far salire le spedizioni commerciali sull’Everest mentre a Kathmandu, con la situazione che sta peggiorando, sono rimasti senza. In India la situazione è tragica e i confini sono quello che sono. La gente si muove. La situazione ai campi base è un rebus. Abbiamo letto che era fuori controllo ma in realtà in queste settimane gli sherpa hanno lavorato per attrezzare le vie di salita e nei prossimi giorni sono già previsti i primi arrivi in vetta. Poi il circo se ne andrà e qui si potrà tirare un sospiro di sollievo".