Liliana Segre: "La mia vita da sfollata a Ballabio"

La senatrice a vita è stata tenuta nascosta per due mesi nel paese lariano prima di tentare la fuga in Svizzera

Liliana Segre

Liliana Segre

Ballabio (Lecco) - Gli altri bambini andavano a Ballabio per respirare aria buona, qualche passeggiata sulle montagne della Valsassina e per trascorrere alcuni giorni di vacanza lontano dalla guerra che imperversava soprattutto in città. Lei no. Liliana Segre a Ballabio nel 1943, quando aveva 13 anni, ci andò di nascosto da sfollata. Vi arrivò in motocarro da Imbersago, prima tappa di quello che avrebbe dovuto essere il suo viaggio della salvezza da Milano verso Lugano ma che invece la portò nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. A Ballabio la giovanissima Liliana Segre ci restò per quasi due mesi, sempre di nascosto, quasi sempre al chiuso, con in tasca documenti falsi e il cognome falso di Cherubini, perché era ebrea e se l’avessero scoperta sarebbe stata immediatamente internata, come avvenne in seguito. A portarla lì furono i Pozzi, amici di famiglia cattolici, a cui l’affidò papà Alberto.

"Furono di una gentilezza disarmante – ricorda nei suoi scritti la senatrice a vita -. Rischiarono la fucilazione per tenermi con loro perché i nazisti fucilavano chiunque offrisse rifugio agli ebrei". In occasione di una visita del padre a Ballabio per andarla a trovare i tedeschi durante un rastrellamento a caccia di partigiani lo arrestarono per verificarne le generalità, tuttavia lo scambiarono per un veterinario per la tessera della Protezione animali che portava sempre nel portafogli e lo lasciarono andare: "Fu una specie di miracolo che ancora non mi spiego", racconta la testimone vivente dell’Olocausto. Da Ballabio Liliana Segre, nel dicembre dello stesso anno, si spostò a Castellanza da dove col padre e 2 cugini cercò di attraversare il confine elvetico. Furono però tutti intercettati, respinti e arrestati: prima il carcere di Varese, poi Como, San Vittore a Milano, la deportazione dal Binario 21 della Centrale, Auschwitz e, infine, Malchow dove venne liberata l’1 maggio 1945. Nei giorni scorsi a Lecco a Segre è stata conferita la cittadinanza onoraria "per il coraggio della memoria, la dignità della testimonianza, l’umanità del racconto e la fermezza del pensiero con cui dà vita non solo alla sua storia, ma a quella di tutti gli ebrei, anche lecchesi, tragicamente vittime della Shoah e onora la memoria di tutte le vittime del fascismo".